Scopre a 48 anni di essere figlia di un ricco imprenditore morto in un incidente aereo: nove anni per il riconoscimento di paternità

I 4 fratellastri dopo la cremazione della salma del padre si sono rifiutati di effettuare la prova del Dna. Alla donna spettano 'almeno' 1,3 milioni di euro

Scopre a 48 anni di essere nata da una relazione della madre con un altro uomo e sempre nella stessa occasione viene a sapere che il padre biologico è morto in un incidente aereo, sul suo Piper personale, alcuni anni prima.

L’uomo infatti era molto ricco. Ma c’è di più. Come in un film rintraccia ben 4 fratellastri e inizia con loro un rapporto di conoscenza che sembrava procedere benissimo fino a quando la donna, residente in Versilia, chiede la sua parte di eredità. Il padre biologico, come detto, era un imprenditore molto facoltoso e conosciuto nel Lazio e aveva lasciato beni mobili e immobili per milioni di euro.

E qui iniziano i problemi, come spesso accade in casi del genere. La donna dopo essersi consultata con un legale di fiducia prima ottiene da quello che pensava fosse il padre di effettuare un test sul Dna e il tribunale di Lucca nel 2016 in sentenza conferma, all’esito degli esami svolti che non è la figlia di quell’uomo.

A quel punto il racconto della madre diventa una certezza ma quando chiede ai 4 fratellastri di sottoporsi anche loro al test sul dDa (perché nel frattempo il corpo del padre biologico era stato cremato dai 4 figli)  oro si tirano indietro adducendo varie scuse e motivazioni. I rapporti si logorano ovviamente e la donna per far valere si suoi diritti ereditaria decide infine nel 2017 di rivolgersi al tribunale di Latina, competente per territorio. Il 24 luglio scorso l’attesa sentenza di primo grado a firma dei giudici Pier Luigi De Cinti, Claudia Marra e Giuseppina Vendemiale che hanno dichiarato dopo alcune udienze molto complesse e delicate che la donna è effettivamente la figlia dell’uomo originario del Lazio e ordinano all’ufficiale di Stato civile del Comune della Versilia di “effettuare gli incombenti di competenza”, registrando il nuovo cognome e la riconosciuta parentela.

Nel processo che è durato ben 6 anni i 4 fratellastri della donna non si sono voluti sottoporre al test del Dna nonostante i ripetuti solleciti e avvertimenti del tribunale di Latina. Si legge infatti in sentenza: “La corte avverte i convenuti (i 4 fratellastri, ndr) che la mancata partecipazione alla Ctu (perizia) potrà essere utilizzata per desumerne argomenti di prova e manda al Ctu di esperire un ulteriore tentativo di convocazione e poi di depositare la relazione con i risultati raggiunti, per quanto possibili, solo dall’esame del profilo della ricorrente con quello della documentazione agli atti”.

Il 3 ottobre 2020 veniva depositata una prima relazione peritale, nella quale tuttavia non risultavano gli ulteriori accertamenti richiesti con provvedimento del primo ottobre 2019, sicché il 20 maggio 2021 veniva sollecitato nuovamente l’invito a sottoporsi al test sul Dba. Con relazione integrativa depositata il 9 settembre 2021 il Ctu rilevava che il difensore dei convenuti aveva ribadito l’indisponibilità dei propri assistiti ad effettuare il test. La legge non ammette dubbi in questi casi e i 4 fratellastri della donna erano stati avvertiti più volte. Inevitabile quindi la sentenza di riconoscimento della paternità. Scrivono i giudici: “Ebbene, la condotta dei resistenti che ha impedito l’unico modo di poter accertare scientificamente la verità o meno della filiazione biologica dell’attrice con I’uomo, va valutata ai sensi dell’articiolo 116 comma 2 del codice di procedur civile. Valorizzato tale rifiuto dei convenuti e considerate anche le foto dell’attrice, presso la famiglia di parte resistente, non contestate dai resistenti, nonché il fatto che la donna aveva accettato di sottoporsi al test del Dna al laboratorio Genoma, deve ritenersi presuntivamente dimostrato che l’uomo sia il padre dell’attrice”.

Ora  la donna che attualmente ha 57 anni dovrà solo attendere che tale sentenza passi in giudicato per poi verificare a che punto è la causa di successione che dovrebbe essere terminata per chiedere in quella sede i soldi che aveva richiesto fin da ora e cioè: 528mila euro di quota ereditaria, 333mila euro di indennizzo assicurativo e 450mila euro di danni patrimoniali e non patrimoniali, per un totale di circa 1,3 milioni di euro.

La donna è stata rappresentata dall’avvocato Nicola Boschi di Firenze. Concludono i giudici del Ttribunale di Latina: “Ne deriva che solo con il passaggio in giudicato della sentenza che accerta giudizialmente la successione si apre la successione dei figli naturali”. Questa singolare vicenda vedrà nei prossimi mesi la sua conclusione con le somme che il giudice in altra sede deciderà di accordare alla donna come suo diritto di erede.

Le vicende umane invece proseguiranno su altri binari che dipendono solo dalla volontà di tutte le persone coinvolte.

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