Morì carbonizzato nell’Ape dopo un incidente con una moto: in tribunale è guerra tra perizie foto

La deflagrazione colpì anche il centauro, riuscitosi a salvare buttandosi nel fiume adiacente.

Si è svolta al tribunale di Pisa l’udienza in cui sono stati ascoltati l’imputato e i consulenti della procura e della difesa. Il processo mira a stabilire se c’è stata una responsabilità penale in un decesso dalla dinamica straziante, avvenuto il 6 settembre del 2016.

Quel giorno un motociclista andò a schiantarsi contro un motocarro Ape alla cui guida si trovava Dino Baldacci, pensionato di 83 anni residente a Migliarino.  Nell’urto una scintilla o la combustione sprigionata dallo schianto innescò un incendio che colse l’anziano nell’abitacolo bruciandolo vivo.

L’uomo non riuscì a scappare e, rimasto prigioniero dell’Ape, i soccorritori trovarono il corpo carbonizzato. 

Il pm Sisto Restuccia ha chiesto e ottenuto il processo per Dario Cola, 42 anni, di Molina di Quosa. L’imputato, difeso dagli avvocati Antonio Olmi e Letizia Bertolucci del Foro di Firenze, che, spiegano i due legali, nell’incidente riportò gravi lesioni.

L’imputato, all’udienza, ha ricordato che mentre stava percorrendo la strada che da Migliarino porta a Vecchiano aveva visto sul ciglio della sera il motocarro Ape il cui conducente, improvvisamente, si immise in strada e fece una repentina e  pericolosissima inversione ad U. Il centauro che procedeva ad una velocità di marcia di 50 chilometri non fece a tempo a frenare, ma nel tentativo di evitare la collisione,  la curva effettuata dall’anziano gli impedì qualsiasi manovra per salvarsi. La deflagrazione colpì anche il motociclista riuscitosi a salvare buttandosi nel fiume adiacente.

Per il consulente dell’accusa (riconosciute le gravi responsabilità del conducente dell’Ape deceduto)  il motociclista procedeva in ogni caso ad una velocità di oltre 50 chilometri orari, ricavando i dati dai segni lasciati dalla moto sul cassone dell’autocarro, ma il consulente della difesa (un noto professore di ingegneria e autorevole consulente nella ricostruzione degli incidenti)  ha invece ritenuto che non vi siano elementi per stabilire la velocità del motoveicolo, e che quindi  l’imputato andrebbe prosciolto da ogni accusa.

E’ stata infine avanzata dalla difesa dell’imputato una richiesta di perizia per sciogliere il nodo della velocità, ma il giudice ha rigettato la richiesta.

Il 21 giugno prossimo la parola passerà alla procura ed ai difensori per la discussione finale.

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