Amazon, alta adesione allo sciopero a Pisa e Calenzano. I sindacati: “L’azienda ci ascolti”

La richiesta: "Riaprire le trattative, vanno migliorate le condizioni di lavoro". Presente a Pisa anche il presidente del consiglio regionale Antonio Mazzeo

Alta adesione allo sciopero dei lavoratori Amazon, oggi (22 marzo) nella giornata di sciopero nazionale (indetto da Filt Cgil, Fit Cisl e UilT) di tutta la filiera.

In Toscana (800 lavoratori tra diretti e indiretti) si sono tenuti due presidi molto partecipati a Calenzano (Firenze) e Pisa, davanti ai magazzini dell’azienda.

L’adesione ha toccato punte oltre l’80% su Firenze e oltre il 70% su Pisa.
“Dalla Toscana e dal resto d’Italia oggi parte un messaggio forte, perché i lavoratori hanno scioperato in maniera compatta e solidale – ha detto Gabrio Guidotti di Filt Cgil Toscana -. Ora Amazon riapra la trattativa col sindacato il prima possibile, vanno migliorate le condizioni di lavoro. E’ importante lo sviluppo, ma non basta: conta anche la qualità del lavoro, e registriamo ancora criticità su carichi, tempi ed eccessiva precarietà lavorativa. Senza risposte, le attività di mobilitazione non si fermeranno”.

Le rivendicazioni dei lavoratori e di Filt Cgil, Fit Cisl e UilT, verso l’azienda Amazon sono verifica dei carichi e dei ritmi di lavoro imposti nella filiera Amazon, verifica e contrattazione dei turni di lavoro, corretto inquadramento professionale del personale, riduzione dell’orario di lavoro dei driver, buoni pasto, adeguato importo dell’indennità di trasferta, clausola sociale e continuità occupazionale in caso di cambio appalto o cambio fornitore, per tutti, premio di risultato contrattato, indennità Covid per operatività in costanza di pandemia, danni e franchigie, salute, sicurezza e formazione e stabilizzazione tempi determinati e lavoratori interinali.

“Sono andato a Pisa, al centro spedizioni Amazon, per portare la mia solidarietà, e quella del consiglio regionale della Toscana, ai lavoratori Amazon in sciopero – fa sapere Antonio Mazzeo – L’ho fatto perché ritengo che le istituzioni pubbliche debbano sempre essere dove ci sono persone che rivendicano il rispetto dei propri diritti e in questo caso condizioni di lavoro migliori, perché la politica deve tornare a guardare negli occhi le persone per capire i loro problemi e agire per trovare le soluzioni. E’ per questo che, come ho detto dal primo giorno, voglio che il consiglio regionale della Toscana sia sempre più il luogo per dare voce a chi non ha voce”.

“Ma  – aggiunge – sono coi lavoratori Amazon anche perché penso che la protesta di oggi, promossa dai Filt-Cgil; Fit-Cisl e UilT, sia emblematica del tempo che stiamo vivendo e del dovere della politica di occuparsi di questo mondo nuovo che è cresciuto attorno ad essa senza che, spesso, se ne sia accorta. Il mio auspicio è che la mobilitazione dei lavoratori porti Amazon a un tavolo di confronto e che da lì si produca un passo in avanti per le condizioni di lavoro. Nello stesso tempo, però, sono convinto che servano anche nuove misure legislative. In Toscana, in consiglio regionale, ci stiamo muovendo ad esempio per redigere un testo normativo sulla sicurezza e la salute di questi nuovi lavori, cioè per tradurre in azioni concrete le competenze regionali in materia di tutela della salute e di formazione per quei settori che negli ultimi anni hanno visto una vera e propria espansione sia economica che occupazionale, alimentata, negli ultimi 12 mesi, anche dalle restrizioni dovute alla pandemia. Penso non solo ai fattorini che lavorano per Amazon, ma anche ai riders che ci portano il cibo a casa a ogni ora del giorno e della notte. Si tratta di lavori diversi ma che in comune hanno la caratteristica di essere governati da una entità non umana e di avvenire in un non-luogo specifico. Il loro ufficio o fabbrica è la strada, il loro capo è un algoritmo. E’ evidente quindi che, ponendo problemi non tradizionali, hanno bisogno di soluzioni non tradizionali”.

“L’algoritmo  – prosegue Mazzeo – chiede ad esempio ai fattorini Amazon consegne nel minor tempo possibile, perché la velocità di consegna è un bene che il consumatore è disposto a pagare e così calcola il tragitto più breve. Non tiene però conto che in strada non ci sono altri algoritmi, ma esseri umani, e che se la velocità diventa un elemento qualificante del servizio può aumentare di pari passo anche l’insicurezza di chi è chiamato a garantirla. Nella stessa maniera l’algoritmo, quando piove, vede aumentare le richieste di consegne di pranzi e cene in ufficio o a casa dai clienti delle piattaforme di delivery e questo spinge i riders a dover effettuare più consegne e ad essere sempre più veloci. Ma quando piove, andare sempre più veloci per strada su una bicicletta, significa aumentare sempre di più il rischio per la propria salute e per quella degli altri. E questa, purtroppo, non è soltanto teoria. Qualche settimana fa, a Montecatini, un rider è morto proprio a causa di un incidente e la magistratura di Milano ha aperto una grande inchiesta sui riders proprio partendo dai sempre più numerosi incidenti stradali, alcuni anche mortali”.

“Stiamo lavorando a una legge – conclude –  che fissi alcuni obiettivi per la sicurezza e che affidi alle Asl, attraverso i loro dipartimenti per la salute e la sicurezza sul lavoro, i relativi controlli. Ad esempio servirà prevedere tempi di consegna che non mettano a rischio la sicurezza e la salute dei lavoratori, in particolare quando le condizioni atmosferiche sono avverse. Così come è indispensabile che ci sia un obbligo formativo a carico delle aziende per impedire che i lavoratori possano correre rischi sulla strada a causa della scarsa conoscenza delle regole del codice della strada e delle regole sulla sicurezza sui luoghi di lavoro e nel lavoro, a cominciare dall’uso dei dispositivi di sicurezza  che devono essere forniti in maniera gratuita e continua ai lavoratori. E sarà infine necessario che le aziende facciano visite mediche preventive e che i lavoratori abbiano un proprio rappresentante per la sicurezza che si confronti con l’azienda per migliorare le misure e le pratiche a tutela della salute. Come Toscana vogliamo disciplinare queste e altre situazioni proprio perché riteniamo che non ci possano né debbano essere confini nel godimento dei diritti fondamentali dettati dalla nostra Costituzione. E se davvero vogliamo che il diritto alla salute e alla sicurezza sia universale e appartenga a tutti, indipendentemente dal lavoro che fanno, questa è una battaglia che non può più attendere di essere fatta”

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