Caporalato, 10 arresti: costringevano a lavorare nei campi 67 ospiti del centro di accoglienza foto

Gli immigrati reclutati erano senza contratto di lavoro a raccogliere ortaggi, olive e pulire vigneti

Operazione contro il caporalato: scoperto un sistema di utilizzo illecito di cittadini extracomunitari ospitati nel Centro di Accoglienza Straordinaria – Cas di Piombino, impiegati nel settore agricolo in diverse province della Toscana. 10 le persone arrestate.

I carabinieri del comando provinciale di Livorno, questa mattina all’alba, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip del tribunale di Livorno, nei confronti di 10 persone di nazionalità pakistana gravemente indiziate, a vario titolo e in concorso tra loro, del reato di “intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro”.

L’indagine denominata “Piedi Scalzi”, coordinata dalla  Procura e condotta dal Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Piombino con il supporto del Nucleo Carabinieri Ispettorato del Lavoro di Livorno, ha consentito di ricostruire l’illecito utilizzo di manodopera posto in essere da 6 titolari di ditte individuali operanti nel settore agricolo, i quali, avvalendosi anche di altri personaggi per il reclutamento, il trasporto giornaliero e il controllo dei lavoratori, hanno impiegato, approfittando del loro stato di bisogno, 67 cittadini di nazionalità pakistana e bengalese ospitati nel Cas “Le Caravelle” di Piombino per la raccolta di ortaggi/olive nonché pulizia di vigneti in terreni nelle province di Livorno e Grosseto.

In particolare, sono stati accertati gli indici di sfruttamento dei cittadini extracomunitari impiegati, rilevando l’assenza di un regolare contratto di assunzione, una reiterata violazione della normativa relativa all’orario di lavoro (con picchi di 10 ore giornaliere, senza le pause previste) e al trattamento economico (con corrispettivi sempre ampiamente al di sotto degli euro 10,56 previsti dalla contrattazione. In un caso addirittura pari a euro 0,97 all’ora), con sistematica violazione delle norme in materia di sicurezza e igiene.

Nel corso dell’operazione è stato altresì eseguito un decreto di sequestro preventivo di 45.000 euro quale profitto accertato dall’Inps a seguito del mancato versamento dei contributi previdenziali ed assicurativi per i lavoratori illecitamente impiegati.

“L’ennesimo caso di sfruttamento e caporalato è lo spaccato di un’economia primaria sofferente, nonostante i continui sforzi per riportare la legalità nel settore agricolo, anche grazie alla legge 199/2016 contro il caporalato, al sindacato di strada che la Flai sta mettendo in pratica quotidianamente ormai da molti anni – dichiarano la Flai Cgil nazionale e il segretario generale della Flai Cgil Toscana Mirko Borselli, commentando l’operazione delle forze dell’ordine sul caporalato tra Livorno e Grosseto -. Questa operazione deve essere un ammonimento per tutti. L’indagine coordinata dalla procura di Livorno sul caporalato in agricoltura dimostra quanto ancora ci sia da fare per garantire l’applicazione della legge e dei contratti. Si susseguono i casi, anche nella nostra regione, in cui il fenomeno viene contrastato dalle forze dell’ordine in assenza di reale efficacia in termini di contrasto preventivo”.  Per la Flai Cgil “serve un salto di qualità sul piano del contrasto preventivo, le sezioni territoriali del lavoro agricolo di qualità debbono divenire appieno un reale strumento di contrasto e prevenzione al caporalato. In metà delle province toscane, ancora a distanza di otto anni dalla legge 199 che le ha previste, le sezioni territoriali non si sono neanche insediate. Queste sezioni dovrebbero garantire l’incontro fra domanda e offerta di lavoro, fare da collocamento pubblico, garantire le politiche di accoglienza, offrire il trasporto dei braccianti. Questo va fatto territorio per territorio perché significa poter calibrare e agire sulle peculiarità e diversità presenti, significa togliere ai caporali gli strumenti che utilizzano per intercettare lavoratrici e lavoratori in stato di grave vulnerabilità. Quando lo stato non presidia arrivano loro”. 

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