Sbarcati al porto di Marina di Carrara i 21 migranti salvati dalla Life Support foto

Le persone soccorse provengono da Congo, Siria e Gambia

Al porto di Marina di Carrara è terminato ieri sera lo sbarco delle 21 persone soccorse dalla Life Support. I naufraghi erano stati soccorsi dalla nave di Emergency lunedì 21 novembre in acque internazionali in zona Sar libica.  

“Le operazioni di sbarco si sono concluse senza difficoltà. Per arrivare dalla zona dove è stato effettuato il soccorso al porto di Marina di Carrara, abbiamo impiegato tre giorni di navigazione affrontando mare grosso e condizioni metereologiche non favorevoli che ci hanno costretto a rallentare la navigazione. – dichiara Emanuele Nannini, capomissione della Life Support – Non ha senso che vengano assegnati porti così lontani, costringendo persone già fragili a una ulteriore permanenza in mare. Così inoltre si allontanano le navi della flotta civile dai luoghi dove la loro presenza è necessaria e dove continuano a verificarsi naufragi”.

Le persone soccorse provengono da Congo, Siria e Gambia. 

“Vengo dall’Africa sub-sahariana, sono partito per colpa della guerra e dei conflitti continui nella mia regione. Un giorno ci sono state delle sparatorie nella mia città e io e la mia famiglia siamo scappati, ma in direzioni diverse e non ho più avuto loro notizie. Ancora oggi non so cosa gli sia successo. Dopo essere scappato sono andato da mia zia, che vive in Congo, dove ho lavorato per alcuni mesi trasportando carichi pesanti con i camion. – racconta una persona soccorsa dalla Life Support – Poi mi sono trasferito in Camerun, dove avevo degli amici, e quindi in Chad dove sono finito a lavorare in una miniera d’oro nel deserto vicino al confine con la Libia. È stato davvero difficile: lavoravamo tante ore al giorno, c’erano anche ragazzi di 14 anni. Dormivamo su pezzi di cartone per terra, eravamo in condizione di schiavitù perché ci obbligavano a lavorare minacciandoci con le armi, e non potevamo andarcene. Dopo appena tre mesi sono arrivati dei libici armati che ci hanno portato via: ci siamo ritrovati in una prigione e dovevamo pagare un riscatto per farci liberare. Io non avevo soldi e nessun familiare o amico da contattare. Ne sono uscito solo perché mi hanno venduto a un agricoltore libico che mi ha portato nella sua fattoria a guardare i suoi animali, dove sono stato per alcuni mesi senza essere pagato. Finché come ‘premio’ per il mio lavoro sono arrivati altri libici, armati e mi hanno portato con loro. Mi hanno detto che mi avrebbero portato in Europa. Pensavo che sarei andato su un traghetto ed ero felice. Poi ho visto su che barca avrei dovuto attraversare il mare: un piccolo gommone sovraccarico e senza protezioni. Ho avuto molta paura, mi hanno costretto a salire con le armi. Per fortuna siamo sopravvissuti al viaggio, ma non ho idea di cosa aspettarmi dall’Europa e di cosa mi riserva il futuro. Per ora mi basta essere vivo. Al resto non voglio ancora pensare”.

La Life Support ha concluso la sua quindicesima missione nel Mediterraneo centrale, la rotta migratoria più pericolosa al mondo. Da dicembre 2022, quando ha iniziato le sue attività di ricerca e soccorso, ad oggi ha salvato un totale di 1.219 persone.

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