Assunte a tempo parziale ma lavorano full time con mansioni di responsabilità: si dimettono e fanno causa al supermarket

Il giudice del tribunale di Lucca ha riconosciuto loro la differenza retributiva e le spese di lite

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Si discute in questi giorni di contratti nazionali e di salario minimo per contrastare il cosiddetto “lavoro povero” ma oramai è chiaro che in molti (troppi) casi non basta nemmeno firmare un contratto di lavoro perché lo sfruttamento dei lavoratori è purtroppo sempre in agguato.

L’ultimo in ordine cronologico che riguarda Lucca ha visto due donne ribellarsi rassegnare le dimissioni e denunciare il datore di lavoro. In una causa congiunta le due donne, difese dall’avvocato Pier Luigi Falchi, hanno ottenuto nei giorni scorsi una sentenza favorevole da parte del tribunale cittadino. Il giudice Alfonsina Manfredini, infatti, ha condannato un noto market a pagare 18mila euro e 27mila euro alle due donne che erano state assunte a tempo determinato e part time inquadrate con il sesto livello retributivo (dimostratore addetto alla propaganda e dimostratore con mansioni prevalentemente manuali), quando in realtà avevano da subito svolto lavoro full time, 8 ore al giorno per 6 giorni alla settimana, e con mansioni di cassiere e altri compiti superiori per i quali avevano diritto al quarto livello retributivo del contratto collettivo nazionale del commercio.

Durante il processo è venuta fuori la realtà delle loro condizioni lavorative, secondo il giudice, che ha effettuato tutte le verifiche necessarie ad accertare le ipotesi oggetto di denuncia, sia documentali sia testimoniali. Posto che i testi in aula hanno confermato le mansioni indicate nel ricorso e dato che il legale rappresentante della società non si è nemmeno presentato a rendere l’interrogatorio formale, nonostante la regolare notifica dell’ordinanza che ammetteva tale mezzo di prova, si legge in sentenza: “Vi è che mentre al sesto livello appartengono i lavoratori che compiono lavori che richiedono il possesso di semplici conoscenze pratiche, con mansioni prevalentemente manuali e senza che siano previsti compiti di responsabilità, la figura del commesso rientra nella declaratoria contrattuale del quarto livello e, inoltre, le due ricorrenti risultano aver svolto anche mansioni di cassiera e di assistente alle vendite e per una delle due anche le operazioni di chiusura di tutte le casse (con controllo delle cassiere che contavano il denaro, della corrispondenza degli importi presenti in cassa rispetto a quanto risultava dagli azzeramenti fiscali); la preparazione dei versamenti alla banca del denaro che era in cassa, lasciando per ogni cassa il dovuto fondo cassa, la trasmissione via mail all’amministrazione della società dei dati della giornata; il deposito materialmente il denaro alla sede della banca. È ancora risultato provato che una delle due donne provvedeva anche ad emettere le fatture ai clienti che ne avessero fatto richiesta e che era lei che su richiesta della società procedeva a pagare al nero ai dipendenti parte della retribuzione, prelevando il denaro dalle casse”. Mansioni decisamente superiori al contratto firmato.

Le domande hanno quindi meritato l’accoglimento per il tribunale di Lucca, vista la fondatezza delle ragioni delle due donne, con conseguente condanna della società oltre che alla differenza retributiva anche alla rifusione delle spese di lite quantificate in un totale di circa 7mila euro. Queste le decisioni del primo grado di giudizio che sono emerse solo grazie alla coraggiosa denuncia delle due donne stanche evidentemente di essere sfruttate.

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