Legge Basaglia, Bruzzone: “Un atto di civiltà, ma non è stata applicata”

Dopo il caso della sparatoria a Torre del Lago è tornata alla ribalta la legge 180. La criminologa: L'obiettivo era  quello di ridare dignità ai pazienti psichiatrici, eliminando le costrizioni"

Otto ore barricati in casa.  Due colpi di pistola sparati dalla porta. Un pompiere ferito per fortuna non gravemente.

I vigili urbani si erano presentati nella tarda mattinata del 19 gennaio scorso alla porta di Gianluigi Ragoni, 44 anni, in via Bohème a Torre del Lago, per eseguire un Aso. Poi il caos. Una intera strada ostaggio, fino a quando poco prima delle 22 non hanno fatto irruzione i Nocs, arrivati da Roma, che dopo aver fatto esplodere due bombe assordanti sono entrati nell’appartamento, arrestando sia il figlio che il padre Adelmo, con l’accusa di tentato omicidio in concorso e detenzione illegale dell’arma, una pistola da collezione calibro 22 in dotazione agli ufficiali dell’esercito durante la Seconda Guerra Mondiale.

“Sono stato io a sparare”, ha detto il padre, un carabiniere in pensione di 90 anni, rammaricato di non avere preso bene la mira per uccidere chi, secondo lui, aveva provato a violare il suo domicilio. Per avere certezza di chi ha premuto il grilletto si è attesto il risultato degli esami dello Stub, arrivati pochi giorni fa, dai quali è emerso che la polvere di sparo era presente sulle mani sia del figlio che del babbo.  Il padre è ora agli arresti domiciliari mentre il figlio è in carcere a Massa.

Come confermato dal legale, l’avvocato Gianluigi Coletta, il figlio sono 17 anni che è sotto cura ai servizi psichiatrici ed ha avuto, oltre a un ricovero in Rems, ben 50 Tso. Il padre Adelmo, invece, senza nessun precedente psichico, ha cambiato legale, nominando l’avvocatessa Maria Giovanna Brancati

Un caso quello di Torre del Lago rimbalzato anche sui media nazionali e che riporta alla ribalta la legge Basaglia. E sui pro e contro la nostra redazione ha voluto sentire il parere della nota psicologa forense, nonchè, criminologa, Roberta Bruzzone.

Lei cosa ne pensa della chiusura dei manicomi?

La Basaglia è stata una legge di civiltà. I malati, prima, venivano rinchiusi in luoghi fatiscenti. Costretti a vita a stare dentro a strutture”. La legge non prevedeva di “lasciare liberi i matti”. Ha consentito la chiusura dei manicomi, l’abbattimento delle “segregazioni”, ma non ha affatto stabilito l’abbandono di chi ha problemi di psichici”.

Cosa non ha funzionato e non funziona?

“Il passaggio di consegne non è stato mai eseguito. Ossia la presa in carico dei malati da parte di strutture idonee. La legge, in pratica, non è stata applicata”

Dopo un Tso, trattamento sanitario obbligatorio, o un Aso, accertamento sanitario obbligatorio, le persone con problemi psichiatrici vengono restituite alla famiglia. Spesso con responsabilità più grandi di quanto si possa immaginare. Non crede che si possa mettere a rischio la salute e la sicurezza pubblica?

“E’ la Salute Mentale, pubblica (il Csm, ndr) che deve prendersi carico dei malati con problemi psichici e seguirli. Ovviamente non tutti, ma quelli che sono ritenuti socialmente pericolosi, sia per sè che per gli altri. Il problema vero, purtroppo, e molto serio, è che ci sono pochi operatori.  Nei casi di cronaca, ricorrenti, dove si chiede l’intervento di polizia o carabinieri, in ausilio al personale medico, occorrerebbe una formazione specifica per le forze dell’ordine,  seminari e un addestramento ad hoc. I fatti che emergono solo la punta di un iceberg, ma il resto è paragonabile ad una vera e propria polveriera”

Mario Tobino, medico psichiatra e scrittore, fu uno dei più battaglieri contro la legge 180 del maggio 1978, che impose la chiusura dei manicomi. Tanto da essere tacciato come retrogrado e conservatore. Lei quale tesi sostiene, e perchè?

“Assolutamente a favore della Basaglia, che ripeto è stata una legge doverosa e nobile L’obiettivo era  quello di ridare dignità ai pazienti psichiatrici, eliminando le costrizioni. Impensabile essere rinchiusi in un manicomio e non poterne uscire più”.

Cosa quindi non ha funzionato, e non funziona?

Le Rems sono poche, le liste di attesa per essere inserite sono lunghissime, il personale è sotto organico. Aggiungo anche che dai dati clinici in Italia ci sono 18 milioni di persone sotto psicofarmaci, soprattutto per problemi di ansia e depressione. Chi li monitora?”

Sostieni l’informazione gratuita con una donazione

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di Toscana in Diretta, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.