Omicidio Cerciello Rega, solidarietà delle camere penali toscane ai colleghi che hanno difeso gli studenti americani

"I giudici si sono fatti influenzare dalla divisa"

Le Camere penali del distretto della Toscana esprimono fermamente la doverosa solidarietà ai colleghi che hanno sostenuto la difesa degli studenti americani condannati all’ergastsolo per la morte del carabiniere Mario Cerciello Rega perché la sentenza della corte d’assise di Roma ha tracimato gli argini del giudizio tecnico, spingendosi fino al punto di censurare sul piano etico le modalità di esercizio del diritto di difesa.

“Perché dileggiare – si legge in quelle pagine- la condotta delle vittime e metterle sul banco degli imputati come reiteratamente è stato fatto in questo processo, esercitando il diritto di difesa al limite del consentito e della decenza? Perché tutte quelle insinuazioni volte a screditare l’operato dei carabinieri ipotizzando finanche dei reati?”

“Parole – affermano le camere penali toscane – queste, che indignano, perché imputano alla difesa e al diritto di sondare l’attendibilità dei testimoni (che ne costituisce inalienabile connotazione), una lacuna etica. E questo è inaccettabile. Come lo è il lessico usato. Stabilire un limite di decenza – quale?- il cui superamento si traduce, per i giudici, in un’attività non consentita – da chi?, violando quale norma?- è affermazione che travolge e stravolge i più basilari canoni (costituzionali questi e non etici!) del giusto processo e del diritto di difendersi provando di fronte ad un giudice terzo e imparziale”.

“La corte d’assise di Roma ha sentenziato contro la libertà di decidere il modo di svolgere il ruolo di avvocato e questo tocca le corde della sensibilità anche di chi, non partecipando al quel processo, si sente accusato e condannato per avere svolto al massimo il proprio ruolo, in perfetta armonia con il dettato costituzionale. In altre parole noi tutti avvocati ribadiamo, unendoci alla giunta dell’Unione delle Camere Penali e alle numerose Camere Penali territoriali, massima solidarietà ai colleghi che, in un processo di tale delicatezza (non solo per la gravità dei fatti contestati e per le ripercussioni umane che fatalmente sono implicate in fatti di vertiginosa esposizione mediatica) hanno avuto il coraggio di onorare la toga senza piegarsi di fronte a un non meglio definito bon ton processuale (‘decente’, per stare al metro di valutazione della sentenza, ‘compiacente’ per dirla più chiaramente). Un processo difficilissimo, questo, che prima di arrivare in aula – come ormai di prassi accade – era stato celebrato dai giornalisti e prima ancora dalla morale pubblica”.

“Il populismo strisciante  – concludono – si è insinuato anche tra i banchi occupati dalle difese e più e oltre la gogna mediatica ha colpito la gogna giudiziale che questa volta ha decisamente esondato. Noi siamo avvocati, non giudichiamo i fatti prima del processo e non giudichiamo i giudici dopo le sentenze. Chiediamo semplicemente che i giudici svolgano la loro funzione e, senza commenti o critiche – o peggio – senza condanne, permettano che gli avvocati difendano i propri assistiti. A questo punto, però, giunta la doverosa segnalazione sul tavolo della ministra,
attendiamo, con doveroso rispetto, gli esiti della sua valutazione”.

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