Presentata una proposta di legge per mettere al bando gli inquinanti Pfas

La proposta sottoscritta da 120 fra comitati e associazioni

Per arginare la grave contaminazione da Pfas (composti poli e perfluoroalchilici) sostanze chimiche artificiali, altamente persistenti e associate a numerosi problemi per la salute, tra cui alcune forme tumorali per 120 associazioni è necessaria una legge nazionale che ne vieti l’uso e la produzione. È questa la richiesta di alcune delle associazioni e comitati italiani che, insieme a oltre 120 organizzazioni europee, hanno sottoscritto il Ban Pfas manifesto e ieri  alla Camera dei deputati è stato dato l’annuncio della consegna di una proposta di legge da parte di alcuni onorevoli che hanno raccolto l’invito proveniente “dal basso” che ritengono che il rischio Pfas sia inaccettabile per il presente e per il futuro. “Pertanto, un intervento politico non è più rinviabile”.

Quello della contaminazione da Pfas, i cosiddetti inquinanti eterni, è un problema ambientale e sanitario tuttora irrisolto, su cui non è mai stata varata alcuna legislazione nazionale che preveda provvedimenti efficaci a difesa di ambiente e salute. “Queste molecole indistruttibili – viene spiegato – hanno invaso ogni angolo del globo: oltre alle acque, ai terreni, agli alimenti e all’aria, la contaminazione non risparmia le persone, minacciando non solo di chi vive nelle aree più contaminate ma anche chi risiede in zone lontane dalle fonti inquinanti. In un quadro di contaminazione nazionale e planetario che si aggrava costantemente, è necessario avviare con urgenza un iter legislativo nazionale che affronti seriamente il problema, vietando la produzione e all’uso di tutti i Pfas in Italia. In Europa, Stati come i Paesi Bassi, la Danimarca, la Germania, la Svezia e la Norvegia hanno presentato una proposta per la messa al bando dei Pfas. L’Italia rimane in silenzio nonostante si moltiplichino a livello globale le iniziative legislative. La Danimarca, oltre ad aver varato alcuni dei provvedimenti più restrittivi al mondo sulla presenza di Pfas nell’acqua potabile, ha introdotto alcuni divieti sull’uso negli imballaggi alimentari in carta”.

Riguardo l’acqua potabile, negli Stati Uniti l’Agenzia americana per la protezione dell’ambiente (Epa) ha recentemente proposto un valore limite molto più restrittivo, pari a 4 nanogrammi per litro, sia per il Pfoa che per il Pfos, due delle molecole appartenenti all’ampio gruppo dei Pfas e note per la loro pericolosità per la salute.
“L’irreversibilità della contaminazione globale da Pfas – hanno spiegato i promotori – ha già creato un’eredità tossica il cui peso si farà sentire anche sulle future generazioni. Secondo le stime del Nordic Council of Minister, i costi sanitari dell’inazione politica per tutti i Paesi europei si aggirano tra 52 e 84 miliardi di euro all’anno. In Veneto si registrano alcune delle situazioni più critiche nel continente europeo: nell’area tra le Provincie di Vicenza, Verona e Padova, in Piemonte, nell’alessandrino, e in numerose zone del Paese limitrofe ad aree industriali”.

La proposta di legge 

Le associazioni, grazie alla collaborazione di Claudia Marcolungo, docente universitaria di diritto ambientale, hanno presentato il documento “I sette capisaldi di una legge nazionale che vieti l’uso e la produzione di Pfas” fornendo al parlamento gli elementi chiave che una legge nazionale dovrebbe tenere in considerazione. Ecco cosa si legge nel documento: “Nell’affrontare l’emergenza globale derivante dalla contaminazione ubiquitaria delle sostanze Pfas (composti poli e perfluoroalchilici) sono imprescindibili alcuni passaggi a livello nazionale per rendere efficace ed effettiva la risposta delle istituzioni pubbliche ad un problema epocale. In sintesi ogni progetto normativo non può esimersi da porre alcuni punti fermi che sorreggono ogni credibile sforzo per contrastare la diffusione e la permanenza di queste sostanze chimiche dalle peculiarità assolutamente uniche”.

Ecco i 7 punti: viene chiesto di “vietare la produzione di Pfas, il loro impiego industriale nonché la loro commercializzazione in modo tassativo ovunque, a partire dalle zone già profondamente intaccate dalla contaminazione (sacrifices zones). E’ impensabile aggravare la situazione esistente in luoghi già pesantemente inquinati. Per fare questo in modo radicale e coerente è necessario mappare tutte le zone industriali dove si siano trattati o si trattino sostanze Pfas mediante campionamenti rigorosi e certificati in grado di dar conto esattamente della contaminazione in essere, per ogni matrice ambientale (aria, acque, suolo, popolazione, biota). Le uniche deroghe ammesse sono quelle rientranti nel concetto di essential use, laddove si possa operare un bilanciamento fra tutela delle zone esposte e della popolazione con esigenze insormontabili di salute pubblica e non siano esistenti alternative disponibili. In tutti gli altri casi dovranno essere dismesse le produzioni impieganti Pfas a meno che non si disponga di misure e tecnologie effettive ad emissioni zero, comprovate da meccanismi di controllo incrociato, rigoroso, continuo”.

Nel testo della proposta di legge si chiede anche di “destinare immediatamente risorse tecniche, economiche ed umane adeguate al fine di bonificare in modo efficace le zone contaminate già note – si legge -. Parallelamente condurre una campagna di monitoraggio scientificamente accurato e finanziare studi e ricerche sul campo per incrementare la conoscenza dello stato della contaminazione onde poter provvedere senza inutili ritardi o dispersione di risorse. Laddove per le zone contaminate sia già stato individuato il soggetto inquinatore dovranno essere previste idonee misure cautelari e/o interventi al fine di garantire il pieno ristoro dei danni determinati. Laddove la contaminazione non sia ascrivibile ad alcuno, sarà da costituirsi un Superfund sul modello statunitense atto a impiegare soldi pubblici per quanto necessario per bonificare i luoghi interessati dalla contaminazione da Pfas. In queste zone si dovrà attivare inoltre una capillare campagna di informazione alla popolazione sulle conseguenze per la salute come affermato dal commissario Onu Marcos Orellana al termine della sua visita in Italia il 13 dicembre 2021″.

“Per le acque destinate all’uso potabile – prosegue il testo della proposta di legge -, per le acque destinate all’irrigazione e per le acque di falda cui attingono pozzi privati, canali primari di contaminazione della filiera alimentare e degli esseri umani, dovrà essere disposto lo zero virtuale da considerarsi come Pfas totale; per le acque superficiali, le acque reflue, per i sedimenti e per il suolo dovranno essere utilizzate le migliori tecnologie disponibili per riscontrare la presenza di Pfas e provvedere alla loro rimozione quanto prima possibile; le sostanze Pfas dovranno essere considerate sostanze altamente pericolose e, in quanto tali, trattate come rifiuti del pari di quelli nucleari, con modalità di smaltimento e gestione estremamente rigorose, tracciandone l’intero ciclo di vita. E’ opportuno considerare che, ad oggi, non esistono trattamenti risolutivi, in grado di assicurare la distruzione completa di questi composti chimici, così determinando la necessaria ed imprescindibile applicazione del principio di precauzione al fine di arrestare la loro diffusione. Dovrà inoltre essere vietato ogni impiego in agricoltura dei fanghi di depurazione e delle acque di trattamento o meteoriche derivanti da impianti che utilizzano Pfas. Data la pluralità delle fonti di contaminazione da Pfas, l’ubiquità e la persistenza di questi composti chimici, le acque dovranno essere considerate un corpo unico da salvaguardare, ed, analogamente, gli ecosistemi”.

Al quarto punto si legge ancora che “dovrà essere disposto un serio e completo monitoraggio degli alimenti e della popolazione, le analisi su cibo, animali ed esseri umani non dovranno essere a carico dei cittadini. Del pari nei soggetti esposti che manifestano le patologie associate ai Pfas, il loro trattamento sanitario dovrà essere completamente gratuito tanto quanto lo screening sanitario. Inoltre, sarà importante introdurre protocolli di screening nei consultori per l’assistenza alla procreazione consapevole ed informata. Infine, le analisi e i campionamenti condotti dovranno essere, nel rispetto della riservatezza, liberamente accessibili alla comunità scientifica”.

“Nelle nuove Aia, autorizzazioni integrate ambientali, nel rinnovo delle esistenti, nelle valutazioni di impatto ambientale Via – è scritto nella proposta – dovranno essere previsti limiti zero per l’emissione di composti Pfas, i controlli potranno essere disposti anche a sorpresa senza formalità dai Noe e dalle autorità di polizia e gestite anche da laboratori indipendenti, non solamente da enti pubblici proprio al fine di riscontri incrociati e onde evitare fenomeni di cattura dei controllori. Inoltre, in tali occasioni dovrà obbligatoriamente essere disposta la Vis, valutazione di impatto sanitario, e introdotta la Vipc, ovvero una valutazione di impatto psicologico per la comunità nei luoghi dove l’impianto o l’installazione va ad operare, per evitare che collettività già soggette a fenomeni definibili come violenza ambientale siano ulteriormente private della loro speranza di vita dignitosa e di resilienza”.

“Alle imprese e società che producono, commercializzano o impiegano sostanze chimiche – viene proposto -, prima della loro immissione nel mercato dovrà non solo essere richiesta la produzione degli standards analitici ma di ogni studio condotto sulla tossicità, persistenza, bioaccumulo, biomagnificazione e mobilità. Una volta consegnati tali documenti, liberamente consultabili all’interno della comunità scientifica, solo laddove gli esiti dei riscontri siano da qualificarsi innocui per la salute umana e degli ecosistemi, sarà possibile consentirne l’immissione nel circuito economico-industriale. A tal scopo dovrà essere istituito un panel di esperti indipendenti. Inoltre dovrà essere disposto il divieto per i funzionari pubblici di enti di controllo di divenire consulenti delle imprese chimiche e viceversa. Del pari per i reati ambientali non dovrà aversi prescrizione”.

Infine viene chiesto di “finanziare la transizione ad una economia ed industria chimica sostenibile, in linea con la Strategia europea per una chimica sostenibile e toxic-free, supportando le persone e le attività economiche ed agricole interessate ed agevolando le ‘reali’ riconversioni industriali. Ulteriore fattore rilevante in tale direzione sarà avviare una campagna nazionale di informazione sui danni legati alla salute da parte di queste sostanze chimiche per rendere realmente e diffusamente consapevoli i consumatori e i cittadini sull’importanza di scegliere prodotti pfas-free, obbligando i produttori alla corretta e completa etichettatura”.

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