Banksy a Livorno: una mostra che parla del nostro tempo

Banksy, o come dicevano tutti Bansky, è una figura nota ma un uomo sconosciuto, è diventato “la” firma, o tag, della street art, oggi prodotto di punta del mercato dell’arte, oltre che fenomeno della cultura pop contemporanea. Insomma, uno che, partendo dalla strada, si può proprio dire che ce l’abbia fatta. Uno grazie al quale la street art è oggi, nella società occidentale, accolta come fenomeno artistico identitario della nostra epoca.

Fino al 19 marzo 2023 al Museo della Città di Livorno c’è “BANKSY Realismo Capitalista. An Unauthorized Exhibition”, che propone un excursus storico delle sue serigrafie, oltre a un’opera di grandi dimensioni in gesso, cemento, legno, resina, pittura, terra e colla (Flying Copper) e a un documentario. Nella selezione di serigrafie in mostra (circa 40) ci sono alcune immagini simbolo della produzione dell’artista britannico: Girl with Balloon, da tutti conosciuta come “la bambina con il palloncino rosso”, forse la più amata tra tutte le opere di Banksy, e Love is in the Air, il “Lanciatore di fiori” che riproduce su fondo rosso lo stencil raffigurante un giovane che lancia un mazzo di fiori, simbolo di una rivoluzione anti militarista che capovolge il senso comune della guerriglia urbana. Ma ci sono anche “HMV – La voce del padrone”, “Rude Cop” e non mancano le opere dedicate alla tematica della guerra, e quelle dedicate a e comparse in Ukraina.

Nella visita si possono ritrovare le tappe fondamentali del fenomeno comunicativo artistico Banksy, di fronte alle quali il visitatore può cogliere sia la forza critica che ha imparato a riconoscere nei suoi lavori, sia un collegamento con la propria esistenza, dal momento che molti e significativi sono stati i passaggi storici e sociali ai quali le opere sono riferite.

Nel documentario sulla street art visibile in mostra, una figura compare sempre con il volto non visibile e la voce camuffata per parlare del fenomeno street art, lasciandoci immaginare che sia proprio lui, Banksy. Il documentario, in inglese, propone interviste a street artist di primo piano come Thierry Guetta (Mister Brainwhash), che ne è in qualche modo il protagonista.

Banksy è un fantasma, non tanto il tipo di fantasma che infesta il castello o il cimitero, quanto più una versione glitch di colui che convochiamo quando parliamo di arto fantasma (mente) o di città fantasma (pandemia) – si legge nel testo introduttivo al percorso espositivo -. Qualcosa di cui facciamo esperienza nel reale ma di cui non avremmo dovuto fare esperienza. I fantasmi sono qualcosa di strano, e di inquietante. Le proprietà di un fantasma sono anche le proprietà di Banksy: la presenza incorporea, l’apparire in modo inspiegabile, se non in quanto manifestazione del soprannaturale. Le opere come tracce, le immagini come compendio descrittivo di una condizione esistenziale. La natura fantasmatica di Banksy ci mette di fronte ad una strana condizione: egli agisce sia come presenza di qualcosa che non c’è, che come assenza di qualcosa che dovrebbe esserci. È questo Banksy per noi? E per l’arte? Qualcosa che avrebbe dovuto rimanere nascosto e invece è emerso? Lui sostiene che l’arte dovrebbe confortare chi è inquieto e inquietare chi è confortato; e con quest’epigrafe indirizza l’agire artistico verso un unico orizzonte: l’inquietudine, percetto del reale e non concetto della trascendenza o dell’ideale”.

Livorno è una città piena di culture alternative, di giovani anche irrequieti, di artisti di strada di videomaker: la città giusta per proporre questa lettura di un Banksy molto politico nel senso di critica al sistema – sostiene Pietro Folena, presidente dell’associazione Metamorfosi che ha organizzato la mostra insieme al Comune di Livorno -. Interpreta il bisogno di essere anonimo in questa società per riuscire a fare qualcosa, il bisogno che poteva esprimere Zorro o, in Italia, Elena Ferrante. L’anonimato è il volto con cui ti puoi presentare in questa società ingiusta per esprimere critiche e visioni anche corrosive. Di mostre di Banksy oggi ce ne sono tante, ma questa ha un impianto culturale e cerca di proporre un filo e un ragionamento, selezionando opere da collezioni private dato che non ce ne sono nei musei, passando al setaccio la verifica della loro autenticità”.

“Si può ormai dire che la città di Livorno ha una tradizione consolidata di Street Art, visto che i muri dei quartieri della Venezia, Pontino, Borgo e anche via Roma, sono decorati con splendide opere alcune commissionate, altre improvvisate da artisti sconosciuti che esprimono la propria interiorità e la profondità dell’animo umano usando l’arte di strada come mezzo di espressione visiva”, spiega Luca Salvetti, sindaco di Livorno.

E in effetti si coglie, da visitatori, una continuità fra il dentro della mostra e il fuori della città, e la mostra sembra particolarmente adatta a un pubblico di giovani e giovanissimi, per i quali ci sono anche laboratori didattici.

Per informazioni: Museo della Città di Livorno museodellacittalivorno.it, museodellacitta@comune.livorno.it , 0586 824551; orari di apertura: dal lunedì a venerdì 10:00 – 20:00, sabato e domenica 10:00 – 22:00; biglietti: € 12,00 intero € 8,00 ridotto € 2,00 ridotto scuole.

N.C.

 

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