Fino a 10mila euro all’arbitro per truccare le partite: un’agenzia scommesse toscana nell’associazione a delinquere
Padre e figlio di Sesto Fiorentino tra gli arrestati con l’accusa di essere i finanziatori
Due imprenditori toscani, padre e figlio titolari di un’agenzia di scommesse a Sesto Fiorentino, sono stati arrestati con l’accusa di essere i finanziatori, soprattutto per corrompere altri direttori di gara, di un’associazione a delinquere finalizzata alle frodi sportive, che utilizzava anche l’attività di raccolta scommesse toscana per veicolare giocate di importi rilevanti sulle gare influenzate dalla corruzione. Per non destare sospetti sui corposi flussi di scommesse, gli accertamenti bancari e sui conti gioco hanno censito l’utilizzo da parte degli indagati di provider di scommesse esteri e non autorizzati a operare nell’Unione Europea.
L’associazione è stata smantellata dall’operazione Penalty, scattata dalle prime ore di oggi 29 ottobre, coordinata dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria e iniziata a gennaio 2024, a seguito di una segnalazione dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli che evidenziava un flusso anomalo di scommesse relative a un incontro calcistico della categoria Primavera.
Le indagini, condotte inizialmente dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Reggio Calabria e poi allargate alla Guardia di Finanza, hanno permesso di raccogliere gravi elementi in ordine all’esistenza di un’associazione a delinquere promossa e diretta da un arbitro della Sezione di Reggio Calabria, attivo nelle categorie Primavera, Primavera 2 e Serie C. L’obiettivo del sodalizio era indirizzare il risultato finale degli incontri verso gli esiti oggetto di scommesse mirate effettuate dai membri del gruppo.
Il direttore di gara, anche in seguito a una sua sospensione da parte degli organi di giustizia sportiva per prime irregolarità accertate, aveva sviluppato un sofisticato modus operandi per alterare l’esito delle partite. Inizialmente, dirigeva lui stesso l’arbitraggio in modo da pilotare il risultato. Successivamente, ha iniziato ad avvicinare e corrompere altri colleghi arbitri designati per i singoli incontri sportivi, con la promessa o la dazione di somme di denaro che potevano arrivare fino a 10mila euro a partita, affinché la direzione di gara convergesse verso l’esito delle scommesse del gruppo.
Il sistema criminale, secondo la ricostruzione avallata dal gip, vedeva la partecipazione di ulteriori indagati che fornivano supporto morale e materiale, occupandosi della ricerca di contatti con i direttori di gara da corrompere e investendo il proprio denaro nelle scommesse del gruppo per trarne un utile comune. Il modus operandi per falsare i risultati era semplice quanto efficace: l’arbitro si adoperava affinché le partite terminassero con un numero di gol tale da garantire il verificarsi del pronostico “over” (cioè il superamento di una determinata soglia totale di goal per ogni match). Il direttore di gara otteneva tale risultato principalmente in due modi: concedendo un numero importante di rigori, spesso risultati inesistenti e favorendo una delle due squadre (normalmente quella con quotazioni più alte per aumentare i profitti) espellendo giocatori avversari senza una reale motivazione.
Queste decisioni avevano un impatto decisivo sull’epilogo delle gare, alterando il corretto e leale svolgimento delle competizioni sportive.


