Il Comitato dei Diritti per le sex workers vicino a Denisa, Regina: “Non è il “mestiere” che uccide, è l’assenza di tutele”
La domanda “Se sei una sex worker, non è femminicidio?”
“Denisa non era invisibile: uccisa perché sex worker, ignorata perché donna”.
E’ la nota stampa del Comitato dei Diritti per le sex worker, la cui rappresentante, per la Toscana, è Regina Satariano, la nota fondatrice, e presidente, del Consultorio transgender di Torre del Lag, in merito all’omicidio di Denisa, e di Ana.
“A Prato, una donna è stata trovata morta. Si chiamava Denisa. Faceva l’escort, faceva il lavoro sessuale. È stata uccisa. Ancora una volta. Ma non è solo cronaca. Non è un mistero da risolvere, un caso isolato da archiviare. È un femminicidio.Uno di quelli che però non viene chiamato così, solo perché la vittima era una sex worker – si legge nello scritto – . Ogni volta che una lavoratrice del sesso viene uccisa, si parla di “rischi del mestiere”. Si insinua che “sapeva a cosa andava incontro”. Si descrive la vittima come fragile, ai margini, invisibile. Ma invisibile per chi? Invisibile solo per chi sceglie di non vedere”.
Una denuncia forte, quella del Comitato contro l’ipocrisia.
“Le sex worker vengono uccise perché vivono in un sistema che le considera sacrificabili. Le uccide l’assenza di tutele, lo stigma, la criminalizzazione. Le uccide un patriarcato che nega loro voce, diritti, protezione. Non è il lavoro sessuale a uccidere. È lo Stato che le lascia sole. È la società che le ignora fino alla morte, e anche oltre.”
Denisa, per Regina, non era una “vittima annunciata”. Era una donna. Una sorella. Una persona: “Non ci interessa il suo vero nome, né la sua nazionalità. Ci interessa che, come tante, è stata lasciata sola in un sistema che colpevolizza chi non si conforma. Chi ha responsabilità politiche è complice. Complice ogni volta che nega accesso al welfare, alla sanità, alla sicurezza. Complice ogni volta che parla di sex worker senza parlare con le sex worke”r.
Il Comitato rilancia richieste chiare, urgenti, non più rimandabili: “decriminalizzazione del lavoro sessuale, riconoscimento pieno dei diritti delle sex worker, protezione concreta, reale, non assistenzialista, contrasto allo stigma culturale e mediatico, formazione sul consenso, la libertà sessuale, la diversità delle scelte”.
“Siamo in lutto. Ma non ci fermiamo. Lottare per Denisa significa lottare per tutte. Fino a quando giustizia e libertà non saranno reali – conclude il Comitato -. Denisa era una donna. Non un corpo. Non una sigla. Uccisa non dal suo lavoro, ma dall’indifferenza. E noi non possiamo più permettercelo”.


