
Il Sappe: “Nessuno può rimanere indifferente”
Ennesimo suicidio in carcere: questa vola alla Dogaia di Prato.
A togliersi la vita, impiccandosi, è stato un detenuto di 27 anni. Trovato agonizzante intorno alle 19 di ieri sera, e portato in ospedale, è deceduto subito dopo.
“Questo ulteriore suicidio avvenuto oggi nel carcere di Prato deve far riflettere sulla condizione in cui vivono i detenuti e su quella in cui è costretto ad operare il personale di Polizia Penitenziaria”. Lo dice Donato Capece, segretario generale del Sappe, commentando il 60esimo suicidio nelle carceri del 2024.
“Spesso – spiega – questi eventi, oltre a costituire una sconfitta per lo Stato, segnano profondamente i nostri agenti che devono intervenire. Si tratta spesso di agenti giovani, lasciati da soli nelle sezioni detentive, per la mancanza di personale. Servirebbero anche più psicologi e psichiatri, vista l’alta presenza di malati con disagio psichiatrico”.
“Spesso, anche i detenuti, nel corso della detenzione, ricevono notizie che riguardano situazioni personali che possono indurli a gesti estremi – aggiunge, appellandosi al Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni -: Siamo costernati ed affranti: un detenuto che si toglie la vita in carcere è una sconfitta per lo Stato e per tutti noi che lavoriamo in prima linea. Ma nessuno può sentirsi indifferente a queste morti. Il personale di Polizia Penitenziaria è sempre meno, anche a seguito di questi eventi oramai all’ordine del giorno. Stiamo vivendo un’estate di fuoco nelle carceri e servono immediatamente provvedimenti concreti e risolutivi: espulsioni detenuti stranieri, invio tossicodipendenti in Comunità di recupero e psichiatrici nelle Rems o strutture analoghe. Il personale della Penitenziaria è allo stremo e, pur lavorando più di 10/12 ore al giorno, non riesce più a garantire i livelli minimi di sicurezza.Fino a quando potrà reggere questa situazione?”.
Per Capece si rendono sempre più necessari gli invocati interventi urgenti suggeriti per fronteggiare la costante situazione di tensione che si vive nelle carceri italiane: “Non è più rinviabile una riforma strutturale del sistema, anche ipotizzando eventualmente di ridurre il numero di reati per cui sia previsto il carcere e, conseguentemente, implementare delle pene alternative alla detenzione ed avviare una efficace struttura che consenta la loro gestione sul territorio. Il primo Sindacato della Polizia Penitenziaria non si fa prendere per il naso da chi oggi pensa di avere scoperto l’acqua calda e i problemi carcerari sollecitando improbabili indulti e leggi svuota carceri, mentre per mesi ed anni non hanno detto una parola sui provvedimenti delle varie maggioranze politiche di ogni colore al Governo che, nel tempo, hanno destabilizzato il sistema e destrutturato la sicurezza nelle carceri”.
Per il leader del Sappe “bisognerebbe prevedere, in primo luogo, l’eliminazione della sanità penitenziaria che consentiva una gestione “interna”: aver ricondotto tutto sotto la gestione della sanità pubblica e delle Asl ha determinato notevoli disservizi e incapacità di avere una adeguata gestione interna. Poi, l’introduzione di vigilanza dinamica e celle aperte, modello organizzativo seguito alla ormai famosa sentenza Torreggiani, che ha sostanzialmente consegnato le carceri ai detenuti. Infine, la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, Opg, con la relativa istituzione delle Rems i cui posti sono assolutamente insufficienti, ma a volte, anche laddove ci sono, quando si tratta di malati molto gravi, sembra che nessuno voglia farsene carico”.
Non è più rinviabile, conclude il leader del Sappe che per questo si appella alle Autorità istituzionali e politiche, dotare al più presto anche la Polizia Penitenziaria del taser e di ogni altro strumento utile a difendersi dalla violenza di delinquenti che non hanno alcun rispetto delle regole e delle persone che rappresentano lo Stato.