Assolto in via definitiva dall’accusa di corruzione l’ex comandante provinciale della Guardia di Finanza di Livorno

Finito il calvario del colonnello Fabio Massimo Mendella dopo quasi dieci anni: “Ho rinunciato alla prescrizione perché sapevo di essere estraneo ai fatti. In caserma al mio ritorno la stessa commozione di quando mi hanno arrestato”
Il Colonnello della Guardia di Finanza, Fabio Massimo Mendella, è stato assolto in via definitiva dall’accusa di corruzione, concludendo una vicenda giudiziaria durata più di dieci anni.
Questo l’esito di una battaglia giudiziaria, culminata con l’assoluzione definitiva. Mendella era stato arrestato l’11 giugno 2014 a Livorno. Già comandante provinciale delle fiamme gialle labroniche, sospeso per nove anni da ogni incarico, ha affrontato accuse durissime portate avanti dal magistrato Henry John Woodcock, in collaborazione con i pubblici ministeri Vincenzo Piscitelli e Celeste Carrano: corruzione, aiuti a imprenditori potenti e acquisto di case a Roma con vacanze pagate. Ha sempre respinto ogni addebito, rifiutando anche la prescrizione, per dimostrare la sua innocenza senza ombre.
Nel 2018, Mendella era stato condannato a quattro anni di reclusione dal tribunale di Napoli, con l’accusa di aver svolto verifiche ritenute ‘blande’ nei confronti degli imprenditori Giovanni e Francesco Pizzicato. Tuttavia, a luglio 2023, la Corte d’Appello ha ribaltato la condanna, assolvendo l’ufficiale con formula piena.
Le accuse mosse contro di lui, allora comandante provinciale delle Fiamme Gialle, avevano generato il consueto polverone mediatico, quasi distruggendo temporaneamente la carriera del militare che, grazie al suo curriculum iniziato alla Nunziatella, avrebbe potuto aspirare a ruoli di alto prestigio. Nel frattempo il suo principale accusatore è stato condannato per associazione a delinquere finalizzata a delitti fiscali e tributari. Mendella, dal canto suo, ha dovuto smontare l’intero castello accusatorio che aveva portato alla sua condanna in primo grado.
La sentenza della Corte d’Appello di Napoli, depositata ad aprile e ora passata in giudicato senza ulteriori opposizioni, sottolinea l’assenza di condotte dolose o colpose da parte di Mendella nel compimento delle sue attività di servizio. La Corte ha evidenziato che le prove considerate decisive dal tribunale erano in realtà, si legge testualmente, “meri sospetti e suggestive ipotesi investigative prive di una reale certezza probatoria”. Le motivazioni della sentenza d’appello denunciano “aporie logiche, carenze e profili di contraddittorietà” nelle valutazioni del tribunale di primo grado.
La Corte d’appello ha affermato che molte circostanze ritenute indiziarie non hanno neanche raggiunto la soglia di veri indizi, rimanendo semplici sospetti spesso in conflitto logico o smentite da altre prove. Sin dall’inizio delle indagini, Mendella, assistito dall’avvocato Alfonso Furgiuele e dagli avvocati Domenico Ciruzzi e Gennaro Bianconcini, aveva respinto tutte le accuse, evidenziando di aver redatto, invece, numerose informative di reato sugli imprenditori Pizzicato. Sul tema ha fornito documentazione dettagliata per dimostrare la sua innocenza. Le indagini sulle aziende non erano state rallentate, ma semmai sollecitate. Le presunte spese pagate e i versamenti sul suo conto erano, invece, inesistenti e calunniosi. Non c’era stata alcuna festa sullo yacht di un imprenditore e l’unica casa acquistata a Roma era stata finanziata con la vendita di un appartamento comprato nel 1997, con un prestito aggiuntivo dai genitori. Infine è stata del tutto smentita l’ipotesi di una dazione di denari sui conti correnti del colonnello. La sentenza, in questo caso, parla di ‘assoluto vuoto probatorio circa avvenute dazioni di denaro”
Mendella avrebbe, peraltro, dopo il primo grado in cui erano caduti due dei tre capi di accusa, potuto chiudere la vicenda accettando la prescrizione, ma ha scelto di combattere fino alla fine, anche per rispetto del padre, maresciallo della Guardia di Finanza, nel frattempo venuto a mancare nel 2020.
L’assoluzione definitiva ha così riaffermato la correttezza dell’ufficiale, ponendo fine aò lungo e complesso iter giudiziario.
“Su questa vicenda – sono le parole del colonnello Fabio Massimo Mendella – fin dal primo momento ho deciso che volevo andare fino in fondo. Avevo risolto quasi tutto in primo grado, mi rimaneva un capo di imputazione derubricato e che a breve sarebbe andato in prescrizione. Eppure io volevo andare a sentenza nel merito. L’ho fatto perché ero pienamente consapevole di essere estraneo ai fatti. Inoltre volevo difendere la mia onorabilità, quella di mio padre, quella di mio fratello e quella degli amici. L’ho fatto anche per il personale delle Fiamme Gialle di Livorno. Sono stato arrestato in caserma e quando è arrivata la Digos, delegata per l’esecuzione della misura, c’è stata grande commozione da parte di molti militari. La stessa commozione che ho riscontrato quando sono rientrato in servizio ad agosto 2023”.
Ora il colonnello Mendella è in servizio al Ministero degli Interni, alla direzione centrale di polizia criminale. Si occupa di criminalità internazionale, e nello specifico della struttura interforze I-Can per il contrasto globale alla ‘ndrangheta con il prefetto Grassi, vice capo della polizia.
Ma per nove anni è stato alla finestra: “Sono stato sospeso per nove anni dal servizio con uno stipendio ridotto, circa metà di quello tabellare, quindi ho subito una decurtazione ulteriore, che ha ridotto del 70 per cento le mie entrate con le conseguenti grosse difficoltà a portare avanti una famiglia. Quando sono stato arrestato mia figlia aveva cinque anni, stava proprio per festeggiare i sei anni in quella settimana. Invece di fare festa tutta la mia famiglia ha dovuto liberare l’alloggio di servizio in fretta e furia. A questo si aggiunge che ho fatto undici mesi di detenzione su quelle che, ora lo dice una sentenza, erano solo suggestioni e ipotesi investigative, che non hanno neanche valore di indizio”.
La sua speranza, ora, è rientrare con un incarico a fare quello che aveva scelto, il militare di carriera della Guardia di Finanza: “Aspetto le decisioni del comando generale – conclude – Dovrei rientrare con un nuovo incarico. Nel frattempo proseguo nella mia attività sotto il prefetto Grassi, un grande professionista, nella Capitale”.