‘Ndrangheta, 12 arresti, l’operazione delle Finanza e dell’Arma anche in Toscana



Cinque in carcere, sette ai domiciliari: coinvolti anche commercialisti
Maxi operazione delle guardia di finanza e dell’Arma di Reggio Emilia che ha coinvolto anche la Toscana, con due avvisi di garanzia a Lucca, oltre che l’Emilia Romagna, le Marche, la Lombardia, la Calabria, la Campania, la Sicilia, il Lazio e il Veneto.
Dall’alba di questa mattina, oltre 350 militari tra finanzieri e militari dell’Arma, nell’ambito di un’articolata attività investigativa coordinata dalla Procura della Repubblica, hanno dato esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 5 personaggi ed alla misura degli arresti domiciliari nei confronti di ulteriori 7 , indagati per associazione a delinquere e per numerose ipotesi delittuose, in prevalenza reati tributari, riciclaggio internazionale ed autoriciclaggio.
Scattate anche misure interdittive nei confronti di tre commercialisti.
L’attività vede coinvolti oltre 100 indagati e 81 società; le Fiamme Gialle ed i Carabinieri hanno eseguito perquisizioni e sequestri patrimoniali nei confronti degli appartenenti ad un’organizzazione contigua alla ‘ndrangheta, che compiva frodi fiscali.
Il giro d’affari sarebbe stato da oltre trenta milioni: dieci e mezzo sono finiti sotto sequestro. Secondo gli inquirenti il gruppo criminale ha intascato decine di migliaia di euro di ristori per il Covid,riciclato milioni di euro in Italia e all’estero, accumulati anche pilotando dei fallimenti. Ottantuno le società coinvolte, ma sono 250 quelle che utilizzavano le false fatture emesse dal gruppo.
Sono state 15 le misure cautelari eseguite, di cui 5 ordinanze di custodia cautelare in carcere, 7 misure degli arresti domiciliari, 1 obbligo di dimora e 3 misure interdittive, di cui due nei confronti di professionisti. Si è reso necessario anche un arresto in flagranza per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, in quanto rinvenuti durante una perquisizione 18 chili di hashish e 4 di marijuana. Sequestrati anche preziosi ed orologi di valore.
Nello specifico, il meccanismo fraudolento prevedeva la creazione di società cartiere o l’acquisizione di società realmente esistenti poi destinate alla emissione di fatture false, che venivano intestate a soggetti principalmente prestanome, che agivano sotto le direttive loro impartite dai capi dell’organizzazione. Venivano quindi individuate ditte compiacenti utilizzatrici delle Foi, i cui titolari effettuavano bonifici pari all’importo delle fatture ricevute sui conti correnti riferibili alle società del sodalizio, denaro che successivamente veniva – sia attraverso numerosi prelievi giornalieri, sia attraverso bonifici o emissione di assegni – riconsegnato agli stessi fruitori delle fatture emesse per operazioni inesistenti, al netto della percentuale stabilita per il “servizio”.
Oltre ai reati fiscali i sodali avrebbero altresì commesso numerosi altri delitti, quali l’estorsione, il riciclaggio ed auto-riciclaggio dei proventi illecitamente ottenuti, nonché bancarotta fraudolenta, indebita percezione di erogazioni pubbliche ed appropriazione indebita.
Nel corso delle attività d’indagine, i militari hanno scoperto come il sodalizio criminale abbia posto in essere anche sistemi di frode al welfare statale, mediante la richiesta e la percezione illecita dell’indennità di disoccupazione Naspo, per un valore di circa 60.000 euro, mentre continuavano illecitamente a porre in essere le proprie attività criminose ed a gestire il proprio giro d’affari; alcune delle “società cartiere” hanno altresì fatto indebitamente ricorso ai contributi pubblici stanziati durante l’emergenza pandemica da Covid-19, per un importo di circa 72.000 euro.
Nel corso delle investigazioni, è stato ricostruito anche il sistema di riciclaggio internazionale utilizzato dall’organizzazione in molti casi: infatti, i proventi illecitamente ottenuti venivano fatti confluire attraverso un sistema di scatole vuote prevalentemente verso il territorio Bulgaro; da qui, il denaro veniva inviato su ulteriori conti esteri o monetizzato, per essere poi reintrodotto fisicamente in Italia.
In altri casi, l’organizzazione criminale, per “ripulire” il denaro illecitamente ottenuto e reintrodurlo nei circuiti dell’economia legale nazionale, lo reinvestiva nell’acquisto di diamanti o preziosi ovvero in autovetture di lusso, acquistate in territorio austriaco e poi noleggiate sul territorio reggiano, attraverso società riconducibili all’organizzazione.