Cocaina e hashish, 40 in manette: l’operazione antidroga ha riguardato anche la Toscana






La base logistica in Sardegna
Family&Friends: maxi operazione antidroga quella che ha riguardato anche la Toscana, a Castiglione della Pescaia, dove hanno operato i carabinieri di Grosseto, e che ha portato all’arresto di 40 persone, appartenenti ad organizzazione dedita a traffico di stupefacenti.
Sono stati i carabinieri del comando provinciale di Cagliari, Sassari e Nuoro ad eseguire, oggi alle prime luci dell’alba, un’ordinanza cautelare che, oltre alla Toscana, ha riguardato diverse diverse città della penisola, tra Liguria, Emilia Romagna e Abruzzo.
L’operazione, coordinata dalla Dda del capoluogo sardo, ha consentito di acquisire gravi indizi dell’esistenza di un articolato sodalizio criminale dedito al traffico anche internazionale di sostanze stupefacenti di vario tipo.
Punto di partenza dell’indagine è un 42enne cagliaritano, il quale, già in base ai primi elementi raccolti, veniva individuato come uno dei possibili terminali del traffico di stupefacenti in Sardegna. Benché il grosso del traffico si andasse sviluppando nella città di Cagliari, la base logistica fondamentale dell’illecita attività sarebbe da collocare a Quartu Sant’Elena, così come emerso dagli accertamenti svolti dagli uomini dell’Arma. L’ingente traffico ha coinvolto ogni tipo di droga e vedrebbe il coinvolgimento, fra gli altri, di un 52enne che, secondo i dati finora acquisiti, controllerebbe ampi settori dell’attività di spaccio nell’intera isola, avvalendosi di alcuni fidati collaboratori. Grazie all’attività di coordinamento della procura cagliaritana, che ha condiviso l’ipotesi investigativa dell’arma, è emerso nel corso dell’inchiesta che venivano impiegate schede telefoniche fittiziamente intestate a soggetti pakistani più o meno immaginari ed anche utenze internazionali, in particolare spagnole.
La cocaina sarebbe stata fornita al sodalizio da clan albanesi attivi nella penisola,mentre l’hashish sarebbe di provenienza iberica e giungeva in Sardegna attraverso pacchi postali ordinari, indirizzati a destinatari inesistenti, titolari di utenze cellulari riportate sugli stessi pacchi, quale riferimento all’arrivo, anch’esse intestate a immaginari cittadini pakistani. Giunto sul luogo della consegna, l’inconsapevole corriere chiamava quel numero e veniva immediatamente raggiunto dal reale destinatario del pacco, che si presentava col nome fasullo utilizzato per la spedizione. Il gruppo si sarebbe avvalso anche di negozi specializzati che offrivano un servizio di fermo posta/deposito a pagamento sul presupposto che i gestori del servizio, non essendovi tenuti per legge, non avrebbero controllato il contenuto della merce giunta presso il loro punto di scambio. In uno di questi negozi, nel 2019, sono stati sequestrati ben 86 chili di hashish. Sequestri simili si sono succeduti più volte con grandi risultati, tali da dimostrare quale fosse esattamente il meccanismo di consegna per l’hashish. Lo snodo fondamentale del movimento delle spedizioni si è dimostrato essere la città di Milano, dove sono stati controllati moltissimi pacchi. Uno di questi, contenente 90 chili di hashish, è stato bloccato e sequestrato il 21 febbraio 2019 a San Donato Milanese, presso la sede di un’importante società di corriere espresso, i cui gestori naturalmente non ne conoscevano il contenuto. I referenti sardi del traffico avevano l’abitudine di recarsi nel sud della Spagna con lo scopo – in base a quanto finora emerso – di commissionare e pagare preventivamente le spedizioni dell’hashish. Uno dei diversi casi che è stato possibile ricostruire ha evidenziato come i due corrieri, che viaggiavano in automobile, avessero nascosto trecentomila euro nella ruota di scorta del mezzo. Al pagamento sarebbe seguita in breve tempo la spedizione della sostanza. Abbastanza simile era il meccanismo utilizzato per l’importazione della cocaina, che farebbe capo ad alcuni albanesi dislocati in varie località del territorio nazionale. Costoro, in base al quadro indiziario, avrebbero preteso sempre il pagamento anticipato della roba e nel giro di un mese avrebbero fatto pervenire la cocaina, mediante corrieri italiani, in genere insospettabili coppie che si assumevano il rischio di viaggiare su auto con doppi fondi contenenti lo stupefacente. Uno degli incriminati avrebbe gestito gran parte della cocaina spacciata a Cagliari ma anche a Sassari, attraverso soggetti del luogo, che risulterebbero inseriti nell’organigramma cagliaritano. In diversi casi lo stupefacente diretto a Sassari è stato caricato su auto nell’area del cimitero di San Michele. Il viaggio di ritorno a Sassari era compiuto lungo la strada statale 131 a velocità altissime e si assume che ciò avvenisse per conto di un uomo, oggi trentasettenne, il quale, secondo gli elementi allo stato acquisiti, costituirebbe il referente sassarese dell’organizzazione cagliaritana. In uno dei recuperi di stupefacente compiuti, l’auto che percorreva ad altissima velocità la statale Carlo Felice era stata sorpassata nottetempo da una gazzella dei Carabinieri che l’avrebbe fermata all’altezza del chilometro 12 + 120, territorio del Comune di Sestu. Quella macchina era stata poi smontata dai Carabinieri ma di cocaina non si era rinvenuta traccia, nonostante i militari avessero acquisito consistenti indizi che quell’auto stesse svolgendo la funzione di corriere. Già all’alba successiva i Carabinieri avevano perlustrato i prati e gli arbusti presenti a bordo strada, nel tratto della statale interessato, rinvenendo il pacco dell’hashish, diretto al capoluogo di provincia del nord Sardegna. Nelle ore successive e per circa una settimana gruppi di soggetti sassaresi come se stessero cercando funghi, setacciavano senza speranza le campagne immediatamente limitrofe alla grande arteria stradale, chiaramente senza ottenere risultati, ma consentendo ai carabinieri, che li avevano fotografati da posizioni defilate, di ottenere un ulteriore riscontro da poter fornire alla Procura di Cagliari per il prosieguo dell’indagine. In un altro viaggio verso il nord Sardegna, l’auto trasportava un chilogrammo di cocaina, nascosta nel trasportino di un gatto.
Nel corso dell’indagine è intervenuta la collaborazione della direzione centrale dei servizi antidroga e di autorità giudiziarie e forze di polizia di altri paesi europei, in particolare la Spagna, alle quali è stato chiesto ausilio per lo svolgimento di attività tecniche e di polizia scientifica, ma anche di vera e propria polizia giudiziaria, attraverso scambio di verbali relativi a servizi di osservazione svolti all’estero nonché inerenti ad arresti e sequestri di sostanze stupefacenti.
I numeri derivanti da questa articolata e complessa indagine condotta con la Dda cagliaritana sono sicuramente importanti già nella prima fase, come testimoniano l’arresto, in flagranza di reato, di 21 personaggi, in gran parte censiti in banca dati per reati specifici, e il sequestro complessivo di quasi 660 chili di sostanze stupefacenti per un controvalore quantificabile in 8 milioni di euro, se immesse sul mercato al dettaglio. Va considerato, inoltre, che, in base alle attività investigative finora svolte, nel periodo precedente alle indagini tale metodo di importazione dello stupefacente sarebbe stato utilizzato per smerciare un quantitativo presumibile di hashish pari ad una tonnellata.
In base agli elementi finora raccolti e fatti salvi gli esiti del giudizio, l’Autorità giudiziaria di Cagliari ha emesso 40 provvedimenti restrittivi, di cui 23 ordinanze di custodia cautelare in carcere e 17 di arresti domiciliari. Infatti, la magistratura procedente ha ritenuto di contestare ai destinatari della misura il reato detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti e associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. È stato ritenuto che l’organizzazione fosse in grado di reperire ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti (prevalentemente hashish e cocaina) e curarne la commercializzazione nelle province di Cagliari e Sassari, avvalendosi di una fitta rete di trafficanti e spacciatori che provvedevano alla capillare distribuzione nei rispettivi mercati locali. Si tratterebbe dunque – in sintesi – di un sodalizio collegato ad altri gruppi criminali (di nazionalità spagnola e albanese), costituenti canali di rifornimento in grado di assicurare approvvigionamenti di droga mediante un collaudato sistema di trasporto, basato su spedizioni internazionali e sulla collaborazione di insospettabili corrieri, reclutati di volta in volta con il massimo riserbo sulla loro identità, che non veniva rivelata neppure ai destinatari, così da scongiurare ogni fuga di notizie, anche involontaria, tale da poter portare alla loro individuazione durante il trasporto.