Lesioni dopo le infiltrazioni al piede, calciatore risarcito dall’ex medico sportivo

Caso chiuso dopo 13 anni: il dottore giudicato colpevole per cure non adeguate

Calciatore di una squadra della provincia di Lucca vince anche in appello la causa contro l’ex medico sportivo della società per negligenza. Il medico era stato già condannato nel 2019 dal tribunale di Lucca a circa 25mila euro di risarcimento danni nei confronti del calciatore e ora anche i giudici della corte d’Appello di Firenze hanno confermato la sua responsabilità per i fatti di cui era accusato condannandolo anche a circa 5.500 euro di spese di lite.

Lo sportivo aveva citato davanti al tribunale lucchese il medico, esponendo che nel periodo febbraio-marzo 2010, all’epoca medico sportivo della squadra di calcio dove giocava, per porre rimedio ad un dolore che lo affliggeva lo aveva sottoposto ad almeno 7 infiltrazioni di sostanze cortisoniche al calcagno del piede destro: la prima nel proprio ambulatorio, le successive direttamente negli spogliatoi della squadra, poco prima delle partite di calcio.

Aveva quindi dedotto che a seguito di tale reiterata pratica, ritenuta poi da altri medici “erronea”, gli era stata riscontrata l’esistenza di una “ulcerazione tendinea”, precisata in seguito come “necrosi tendinea”, nonché la presenza di un agente infettivo, il tutto ben coerente con l’eccesso di corticosteroidi secondo i giudici, tanto che nel mese del luglio 2010 si era dovuto sottoporre ad intervento chirurgico, per la reinserzione del tendine di Achille, che si presentava “retratto ed emorragico”. Aveva pertanto chiesto che il medico fosse condannato a risarcirgli il danno conseguente la malpratice medica, dando atto di avere già espletato un procedimento per accertamento tecnico preventivo, nel cui ambito il ctu aveva ritenuto la responsabilità professionale del dottore. I giudici di Lucca lo condannavano e lui impugnava in appello la sentenza ma anche in secondo grado i colleghi del distretto toscano sono giunti alle stesse conclusioni.

Si legge infatti nella sentenza d’appello: “Come ben spiegato dal ctu, tali infiltrazioni possono infatti determinare una rottura imminente del tendine (ed anche le infiltrazioni peritendinosiche possono portare alla rottura). Ciò perché i corticosteroidi inibiscono la formazione di collagene, che è l’ingrediente principale dei tendini. Invero, le unità di collagene formano la spina dorsale dei tendini e li rendono forti; come ogni tessuto nell’uomo, mentre le vecchie molecole si deteriorano i tendini formano nuovo collagene, ma se ciò è inibito vi è il deterioramento e la rottura del tendine. Dunque, il ctu ha concluso che le 3 o 4 infiltrazioni, è ininfluente il numero, effettuate, hanno causato o concausato la rottura del tendine stesso”. Il caso dopo 13 anni è chiuso nelle fasi di merito a meno di ricorsi in Cassazione per questioni di legittimità. I legali delle parti in causa erano gli avvocati Romano Zipolini e Fabio Papi.

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