Lavoratori al nero, sfruttati e sottopagati: nei guai tre aziende agricole

I tre imprenditori avrebbero costretto diversi lavoratori, per lo più stranieri, a vivere in affitto in un casolare abusivo sugli stessi terreni delle aziende agricole, in condizioni igienico-sanitarie precarie

La guardia di finanza ha scoperto centinaia di lavoratori sfruttati in agricoltura. 

Sarebbe in fase conclusiva un’articolata e complessa indagine, avviata nel luglio del 2019 dai finanzieri della Compagnia di Piombino, sotto il coordinamento della procura della Repubblica di Livorno, che vedrebbe coinvolte tre aziende agricole sulla Costa degli Etruschi, in Maremma, tra Livorno e Grosseto.

L’operazione ha fatto luce sulle modalità – illegali – con cui i titolari delle tre aziende reclutavano e organizzavano la manodopera di centinaia di lavoratori, sia italiani che stranieri, impiegandoli, come risulta dalle preliminari indagini, in nero e in condizioni di sfruttamento.

Un lavoro nei campi, per 15/16 ore di media giornaliera, a fronte di una paga di 2,5 euro l’ora, con ferie difficilmente concesse e non retribuite, nessun contratto né copertura previdenziale e assicurativa, ma con minacce di licenziamento e aggressioni verbali. Queste le opprimenti condizioni di lavoro, cui sarebbero stati sottoposti i braccianti agricoli, emerse dalle investigazioni delle Fiamme Gialle.

Inoltre, i tre imprenditori avrebbero costretto diversi lavoratori, per lo più stranieri, a vivere in affitto in un casolare abusivo sugli stessi terreni delle aziende agricole, in condizioni igienico-sanitarie precarie dovute agli scarsi spazi disponibili e all’assenza di riscaldamento, di allaccio alla rete idrica e senz’acqua potabile, con il costo dell’affitto unilateralmente stabilito dagli imprenditori e decurtato dalla già modesta retribuzione.

Al termine delle laboriose ricostruzioni fiscali e contributive relative a centinaia di posizioni lavorative irregolari, le fiamme gialle piombinesi hanno denunciato i tre responsabili alla procura della Repubblica di Livorno per il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.

Sebbene le indagini siano ancora in corso, i tre indagati, nel ricevere i relativi avvisi di garanzia e informati a loro tutela dell’esistenza di un procedimento penale a carico, hanno immediatamente proceduto al pagamento delle sanzioni amministrative nel frattempo già contestate da guardia di finanza  e Inps versando nelle casse dell’Erario circa 5.800 euro.

Infatti, parallelamente alle condotte penalmente rilevanti, tuttora in corso di approfondimento in base alle direttive della Procura della Repubblica labronica, i tre imprenditori agricoli si sono resi responsabili delle violazioni amministrative in materia di lavoro riferibili a 854 rapporti di impiego, con l’applicazione di 571 distinte Maxi Sanzioni per lavoratori completamente “in nero” nonché di ulteriori 283 sanzioni per infedeli registrazioni sul Libro Unico del Lavoro (Lul).

Constatate anche violazioni in materia fiscale, con la determinazione di redditi non dichiarati per oltre 2.000 di euro e omessi versamenti di Iva e altre imposte per circa 600.000 euro.

Ricostruito anche l’ammontare degli affitti “in nero” che sarebbero stati imposti a numerosi lavoratori per il casolare abusivo di proprietà degli indagati, da cui è emersa un’ulteriore sanzione per oltre 150.000 euro.

Gli accertamenti hanno riguardato infine i contributi ottenuti dai tre indagati dall’Unione europea, tramite fondi strutturali Feasr, nell’ambito della Pac (Politica Agricola Comune). Anche in tale contesto sono emerse numerose irregolarità che gli indagati avrebbero commesso simulando il possesso dei requisiti previsti per ottenere tali benefici. In particolare, gli indagati, unitamente a una quarta azienda agricola loro complice, avrebbero prodotto contratti di affitto fittizi di terreni agricoli. Sono stati quindi altresì denunciati per il reato di truffa aggravata ai danni dello Stato e dell’Unione europea in relazione all’indebita percezione di erogazioni pubbliche comunitarie di matrice Feasr, per un ammontare di oltre 151.000 euro Peraltro, i medesimi finanziamenti non sarebbero stati destinati all’incremento dello sviluppo rurale, ossia a finalità pubbliche, così come previsto dall’Ue, bensì sarebbero stati “distorti” e utilizzati per il pagamento degli stipendi dei lavoratori. Il conseguente danno erariale venutosi a creare è stato segnalato alla competente procura regionale Toscana della Corte dei Conti di Firenze. 

“Il caporalato è una piaga che in paese civile non può e non deve esistere, un’offesa intollerabile per una terra di grande tradizione civile e di rispetto dei diritti dei lavoro come la Toscana. Alla Guardia di finanza va il mio plauso per l’inchiesta che ha fatto emergere le condizioni di sfruttamento di cui si sono rese responsabili le tre aziende agricole della Costa degli Etruschi, in Maremma”. Così la vicepresidente e assessora all’agroalimentare, Stefania Saccardi, sull’indagine condotta dalle Fiamme Gialle.

“Torno a ribadire che – ha proseguito – che la Regione è da tempo impegnata per stroncare sul nascere comportamenti di questo tipo e continueremo a farlo con ancora più forza: perché l’azione repressiva, pur fondamentale, non basta. Dobbiamo rafforzare il nostro il tessuto sociale perché il caporalato non trovi spazio: gli strumenti di prevenzione si chiamano contratti di filiera, che coinvolgono non solo la produzione, ma anche la trasformazione e la distribuzione dei prodotti. Occorre fornire più liquidità alle imprese agricole così come lottare contro le agropiraterie. La lotta per la legalità va fatta a tutto campo anche coinvolgendo i consumatori. Questi – conclude – sono i nostri obiettivi: vogliamo lavorare per costruire una cultura diversa del lavoro e dell’immigrazione e questo significa combattere lo sfruttamento, l’isolamento e la ghettizzazione di lavoratori e lavoratrici”.

 

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