Mafie in Toscana, per la Dia il pericolo è l’infiltrazione negli affari legali

Nella relazione semestrale ancora sotto la lente la vicenda Keu: "Reiterate condotte di interferenza e pressione sull’azione della pubblica amministrazione".

Droga, appalti pubblici tramite società amiche, rifiuti e smaltimento, edilizia; questi i principali settori economici nei quali le mafie, e la ‘ndrangheta in particolare, intendono investire i loro soldi in Toscana, e si parla di centinaia di milioni di euro all’anno, strizzando un occhio alla politica regionale e locale, e avvalendosi di prestanomi, fiancheggiatori, complici e uomini in loco per gestire gli affari.

Le mafie in Toscana non sono radicate nel territorio come nelle zone di origine, dove devono controllare i loro quartieri generali e presidiare le loro roccaforti, anche in presenza, per usare un gergo ai tempi del covid, ma boss e picciotti ormai salgono verso le regioni che hanno individuato per fare affari e business, coinvolgendo e inquinando la società a tutti i livelli, imprenditoriali, amministrativi e politici. In pratica rispetto a Campania, Sicilia e Calabria, in Toscana i boss ci sono ma si fanno notare poco, diventando spesso invisibili proprio per continuare a coltivare i loro interessi.

Oltre a varie risultanze processuali, alcune definitive, il quadro a tinte fosche della regione Toscana emerge anche dall’ultima relazione della Dia (Direzione investigativa antimafia) pubblicata in questi giorni che monitora il primo semestre dello scorso anno in ogni aspetto che riguarda la criminalità organizzata in Italia, e regione per regione. “In Toscana la presenza mafiosa non è così radicata ma è meno riconoscibile perché, nel salire dai luoghi di origine verso i territori più ricchi, utilizza tecniche sottili”. Il prefetto di Firenze Valerio Valenti ha specificato che i settori più esposti sono quelli dell’edilizia, del turismo e del settore conciario “dove il filone del trasporto e dello smaltimento dei rifiuti è il più rischioso”.

Sotto il profilo preventivo sempre il prefetto ha precisato che “Comuni, Regione, Università e Uffizi hanno dimostrato massima disponibilità, siglando protocolli tecnici con la prefettura per agevolare l’attività di contrasto alle infiltrazioni”. Il particolare fenomeno di pervasività criminale nel territorio toscano viene descritto anche nel recentissimo Quinto rapporto sui fenomeni corruttivi e di criminalità organizzata in Toscana pubblicato il 15 dicembre che ha fotografato i fenomeni di riproduzione criminale delle mafie nazionali e transnazionali nella Regione evidenziando come, pur in assenza di insediamenti strutturati ed autonomi, esse esercitino una più incisiva e penetrante infiltrazione a causa delle criticità economiche generate dalla crisi pandemica che aprono nuovi scenari di colonizzazione criminale dell’economia regionale. Significativo è anche il riferimento alla cosiddetta “corruzione organizzata” in cui il “centro di regolazione si orienta verso dirigenti e funzionari pubblici, e verso una gamma di attori privati: imprenditori, mediatori, faccendieri, professionisti, gruppi criminali”.

Gli appetiti criminali nei confronti dell’economia legale in generale e dell’imprenditoria in particolare infatti vengono spesso soddisfatti anche tramite le competenze professionali di soggetti autoctoni non sempre direttamente collegabili alle tradizionali organizzazioni mafiose nostrane. Per far fronte alla vulnerabilità economica generata dall’emergenza sanitaria i gruppi interforze costituiti presso le prefetture delle province toscane cui partecipa anche la Dia hanno proprio l’obiettivo di monitorarne il tessuto produttivo al fine di prevenire, contrastare e reprimere le infiltrazioni della criminalità anche organizzata ed i fenomeni corruttivi nell’affidamento degli appalti implementando in funzione antimafia il livello del sistema dei controlli per rendere più incisive le verifiche e rafforzare i presidi a tutela della trasparenza. In tale ottica e al fine di mantenere il regolare svolgimento delle dinamiche imprenditoriali vanno lette le iniziative volte a salvaguardare la realizzazione di opere e la prestazione di servizi di interesse pubblico, nonché i numerosi provvedimenti interdittivi antimafia emessi nei confronti di varie imprese alcune collegate alla criminalità organizzata campana, calabrese e siciliana.

Le attività giudiziarie e di analisi hanno tratteggiato evidenti e significativi segnali di condizionamento e infiltrazione nelle dinamiche economico-finanziarie e sociali concretizzatesi attraverso incisive forme di riciclaggio delle ingenti somme di denaro di provenienza illecita. L’acquisizione di attività commerciali e turistiche, nonché l’inserimento negli appalti pubblici relativi ai settori dei servizi e delle costruzioni costituiscono solo un esempio della “forza criminale delle mafia nella Regione” che, come sostiene il procuratore della Repubblica di Pisa, Alessandro Crini, sempre nella relazione semestrale della Dia, “è enorme come la sua voracità nella raccolta dei frutti degli affari illeciti”.

Le principali indagini e i principali processi in corso riguardanti le mafie italiane e straniere nelle province della Toscana

“Le attività info-investigative pregresse ed attuali hanno evidenziato la capacità di erosione del tessuto economico toscano soprattutto della ‘Ndrangheta e poi della Camorra e in misura meno diffusa di Cosa Nostra, per la quale è stata comunque accertata la presenza sul territorio di soggetti affiliati o contigui alle varie famiglie mafiose siciliane stabilitesi nella Regione. Proprio riguardo a quest’ultima matrice criminale le indagini connesse con l’operazione Golden Wood (2020) hanno portato nel semestre all’emanazione di una misura preventiva prefettizia nei confronti di soggetti riconducibili alla famiglia mafiosa palermitana Tagliavia di Corso dei Mille (alleati dei fratelli Graviano). Più incisiva è l’operatività nei più svariati settori leciti e illeciti della criminalità campana le cui proiezioni di matrice camorristica risulterebbero distribuite in maniera eterogenea sul territorio regionale. L’inclinazione imprenditoriale della camorra emerge dalle risultanze giudiziarie dell’indagine Minerva descritta nel paragrafo dedicato alla la provincia di Firenze e nel capitolo attinente alla criminalità campana che trae origine dallo sviluppo di informazioni afferenti a numerosi investimenti immobiliari e commerciali effettuati oltre che a Firenze anche nella sua provincia, e in quelle di Lucca e Pistoia. Le indagini hanno portato alla luce una holding che si dedicava al subappalto di manodopera, alla frode fiscale e al riciclaggio con investimenti considerevoli anche nelle opere pubbliche effettuati dal clan dei Casalesi. Dal relativo compendio probatorio “è emerso che proprio in Toscana, la compagine delinquenziale casertana dispone di una serie di contatti che ha portato, nel tempo, all’esecuzione di numerose opere edili anche attraverso la partecipazione di gare d’appalto di natura pubblica”. Gli esiti info-investigativi del semestre confermano come elementi contigui alla criminalità calabrese operino sul territorio conformemente alle consolidate strategie dell’organizzazione mafiosa mantenendo il centro nevralgico in Calabria ma svolgendo molte attività criminose attraverso una costante opera di proiezione fuori dall’area di origine. Particolarmente accentuata sembrerebbe anche la capacità della ‘ndrangheta di infiltrare il settore politico-amministrativo regionale. Così è emerso dai riscontri giudiziari delle operazioni Calatruria, Keu e Geppo, concluse il 15 aprile 2021 dai carabinieri e coordinate dalla procura nazionale antimafia che hanno colpito su due distinti piani (imprenditoriale/narcotraffico) soggetti e imprenditori contigui alla cosca Galalce di Guardavalle. In particolare il filone di indagine Calatruria ha permesso di evidenziare le infiltrazioni di elementi contigui alla citata ‘ndrina sul mercato del movimento terra/fornitura inerti insinuandosi di fatto in importanti commesse pubbliche. Il rilevante castello indiziario raccolto in tale contesto evidenzia “al di là degli episodi clamorosi di intimidazione, un sodalizio tra gli indagati… finalizzato ad acquisire il monopolio di attività economiche del settore”.

L’imposizione sullo specifico mercato “è stata resa possibile dalla presenza di due grossi esponenti della criminalità calabrese, operanti in Toscana nel Valdarno da epoca risalente, che non si limitavano a dare il proprio benestare ma altresì influiscono, con la forza intimidatrice della organizzazione criminale di appartenenza, in modo da determinare equilibri che fuoriescono da quelli normali del libero mercato, secondo una logica non concorrenziale bensì impositiva e di assoggettamento”. Nel corso dell’attività denominata Keu invece sono stati indagati imprenditori locali di rilievo nel settore conciario che riveste il ruolo di comparto trainante dell’economia che interessa direttamente le province di Pisa e Firenze. Tali imprenditori avrebbero allestito un’attività organizzata per la gestione abusiva di ingenti quantitativi di rifiuti, liquami e fanghi industriali contaminati che venivano convogliati nei sistemi di depurazione in violazione di legge o autorizzazioni e allontanati dagli impianti sotto forma di fanghi di trattamento senza alcuna traccia di quantità, qualità e natura. Gli indagati avrebbero posto in essere “reiterate condotte di interferenza e pressione sull’azione della pubblica amministrazione, segnatamente Regione Toscana, Comune di Santa Croce e Arpat, anche concorrendo i vertici del sodalizio in vari delitti contro la pubblica amministrazione”.

Al riguardo la Dia ha svolto un’articolata attività di monitoraggio dei soggetti economici coinvolti nelle indagini al fine di consentire alle prefetture competenti l’adozione di provvedimenti interdittivi operando anche come raccordo tra i diversi uffici territoriali del governo della Regione interessati, a diverso titolo, alle descritte dinamiche criminali. Il connesso segmento investigativo Geppo ha riguardato l’ingente approvvigionamento di cocaina di provenienza Sud America sbarcata nel porto di Livorno ad opera della cosca calabrese per la successiva distribuzione in Toscana e nel territorio nazionale. In tale contesto giudiziario è emerso anche il ruolo di alcuni sardi che hanno fattivamente contribuito alla realizzazione degli scopi illeciti del sodalizio di Guardavalle. Nello specifico è stato ipotizzato come un isolano in particolare fungesse “da anello di congiunzione tra i trafficanti sudamericani ed alcune ‘ndrine calabresi, tra cui pure quella dei Gallace di Catanzaro, per l’importazione via mare di grossi quantitativi di sostanze stupefacenti” destinati in parte al “mercato” sardo. Analoga collaborazione è stata accertata nella Molo 13 analizzata nel paragrafo dedicato alla provincia di Catanzaro che ha consentito di acclarare la posizione verticistica di esponenti del sodalizio calabrese referenti dell’organizzazione in Toscana per quanto concerne il traffico internazionale di stupefacenti. Con riferimento all’ambito dell’illecito inerente agli stupefacenti le pregresse attività di contrasto hanno confermato come in Toscana anche la criminalità straniera in particolare quelle maghrebina e nigeriana sia attiva nel traffico e nello spaccio di droga ma anche nella commissione di reati predatori. Su questo fronte oggetto di particolare attenzione investigativa sono sia la costa tirrenica, dall’Argentario alla Versilia, Alta Maremma e i territori di Follonica, Scarlino e Gavorrano, ma anche le direttrici intere dal Valdarno alle Apuane passando per le province di Prato, Pistoia e Lucca. Il costante monitoraggio dei principali snodi infrastrutturali qualifica il porto di Livorno come un obiettivo sensibile a livello investigativo. Spesso utilizzato come appoggio logistico per l’arrivo e lo smistamento di rilevanti quantitativi di stupefacente segnatamente cocaina proveniente prevalentemente dal Sudamerica “nel 2020, il porto di Livorno ha fatto registrare il picco più alto dei sequestri rispetto agli ultimi dieci anni (3 tonnellate e mezzo), secondo soltanto a quello di Gioia Tauro per cocaina sequestrata”.

In tal senso depongono i riscontri investigativi delle citate indagini Molo 13 e Geppo. Per quanto riguarda la criminalità cinese presente principalmente nelle province di Firenze e Prato essa sarebbe particolarmente attiva nella produzione e commercializzazione di merce contraffatta non conforme alla normativa comunitaria ma anche nel favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e sfruttamento della manodopera irregolare e della prostituzione180. La recentissima indagine del mese di luglio A solis ortu di cui si argomenterà nella prossima relazione semestrale ha evidenziato come l’imprenditoria cinese nel territorio fiorentino sia caratterizzata dal fenomeno delle società cd “apri e chiudi”. L’attività investigativa condotta dalla Guardia di finanza nei confronti di aree del distretto tessile e della pelletteria fiorentino-pratese ha confermato infatti l’operatività di molteplici ditte individuali riconducibili a soggetti di origini cinese caratterizzate da una estrema brevità del loro “ciclo di vita” che risulta funzionale a eludere il sistema dei controlli. Nelle consistenti esposizioni debitorie maturate nel tempo nei confronti dell’erario sono emerse responsabilità a carico di professionisti “adusi a prestare la loro opera professionale in favore di imprenditori cinesi”.

Conclusioni

Anche per il semestre in esame viene confermata la tendenza dei sodalizi mafiosi ad una progressiva occupazione del mercato legale maggiormente evidente per quelle consorterie più evolute. Le organizzazioni mafiose manifestano infatti una crescente attitudine a realizzare le proprie attività illecite anche in collaborazione con consorterie di diversa matrice e in quegli ambiti imprenditoriali ove più immediata appare la possibilità di riciclare e far fruttare le imponenti liquidità accumulate mediante le attività criminali tradizionali come il traffico di stupefacenti, le estorsioni e l’usura.

In riferimento all’aggiudicazione irregolare di gare e appalti per la realizzazione di opere pubbliche attraverso la leva della corruzione i sodalizi continuerebbero a consolidare una rete di relazioni utilitaristiche volte ad infiltrare le amministrazioni locali per agevolare le assegnazioni di lavori e forniture di servizi garantendosi in definitiva sia il controllo del territorio, sia l’ampliamento del consenso sociale anche mediante il compiacente aiuto di professionisti e pubblici funzionari infedeli che vanno al alimentare la cosiddetta “area grigia”.

Le più recenti attività info-investigative confermano peraltro come le organizzazioni criminali di tipo mafioso nel loro incessante processo di adattamento alla mutevolezza dei contesti facciano ricorso sempre più residuale all’uso della violenza con linee d’azione di silente penetrazione nel mondo imprenditoriale e produttivo e quindi di mimetizzazione nel tessuto economico e sociale. La distribuzione di posti di lavoro unita alla gestione di contratti e forniture permette infine di “fidelizzare” un significativo numero di persone ingigantendone il legame originato dal bisogno in particolare in quei territori che maggiormente soffrono la crisi. Sul piano generale i clan evidenziano una straordinaria flessibilità e capacità rigenerativa, nonché la spiccata attitudine al controllo di mercati illegali e all’espansione di una capillare rete di imprese che altera pesantemente i meccanismi dell’offerta di beni e di servizi. La vocazione imprenditoriale dei gruppi consente loro di insinuarsi negli apparti pubblici monopolizzando la gestione delle forniture e condizionando le procedure di gara attraverso legami con le amministrazioni locali ottenuti anche mediante una elevata capacità di pressione.

La paura principale è proprio questa: l’infiltrazione mafiosa anche negli affari leciti in Toscana come altrove per conquistare ulteriori pezzi di territorio attraverso l’economia illegale, molto più subdola e meno rumorosa degli altri metodi mafiosi ma terrificante negli effetti che si prefigge. E con milioni di euro contanti in mano è anche molto facile corrompere sempre più persone. La battaglia tra “il bene e il male” prosegue senza sosta, nonostante il periodo storico già feroce tra pandemia e guerra.

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