Uranio impoverito, due sentenze aprono la strada al risarcimento per militari in missione nei Balcani negli anni Novanta

Il Consiglio di Stato e il Tar della Toscana riconoscono le ragioni di un ex caporal maggiore e di un ex capitano della Folgore, ammalatisi dopo le operazioni militari all'estero

Uranio impoverito nella guerra dei Balcani, una tragedia senza fine. Gli ultimi due casi finiti in tribunale con sentenze favorevoli ai militari riguardano una donna, ex caporal maggiore del paracadutisti, all’epoca residente a Lucca, e un ex capitano sempre dei paracadutisti della Folgore, che ha abitato tra Fucecchio e Pisa.

Nel caso del capitano dopo 18 anni si è arrivati al giudizio di ottemperanza quindi l’ufficiale vedrà presto il risarcimento da oltre 500mila euro che gli spetta, mentre per il sottoufficiale si è arrivati alla sentenza di primo grado del Tar di Firenze. Il ministero è restio a pagare, in pratica, e le cause durano anni.

L’ultima sentenza del Consiglio di Stato riguarda il capitano, ora in congedo, del reparto Folgore che ha il centro addestramento a Pisa e la sede principale a Livorno, a cui nel 2004 veniva diagnosticato un carcinoma papillare alla tiroide e per cui venne sottoposto ad intervento di tiroidectomia totale. Conseguentemente era stato dichiarato inidoneo alle missioni all’estero e il Comitato di verifica del ministero della difesa per le cause di servizio stabilì che gli esiti di tiroidectomia totale per carcinoma papillare “sono dipendenti da causa di servizio e riconducibili alle particolari condizioni ambientali ed operative di missione” e gli liquidò circa 33mila euro a titolo di speciale elargizione. Ma di euro gliene spettano oltre 500mila, più interessi e rivalutazione. Questo aveva stabilito il tribunale ordinario di Firenze la cui sentenza era stata successivamente appellata dal ministero e la corte d’appello fiorentina aveva rinviato gli atti al Tar della Toscana per competenza.  nche il Tar però non si discostò dalle conclusioni del giudice ordinario e condannò il ministero. Ma niente da fare. Ora il Consiglio di Stato nel giudizio di ottemperanza non solo ha condannato definitivamente il ministero a risarcire l’ex capitano dei paracadutisti ma ha anche nominato e incaricato un commissario ad acta per il recupero forzato delle somme dovute all’ex ufficiale che ora avrà i suoi soldi.

La caporal maggiore scelta, in forza al momento dell’inizio del giudizio nel 2013 alla brigata paracadutisti  Folgore, centro  addestramento di Pisa nel corso del 2003 ha partecipato come nel caso del capitano, alla missione internazionale in Bosnia Erzegovina e nel 2007 (precisamente dal 16 aprile al 4 ottobre) in Libano; nel 2014 è risultata affetta da un carcinoma papillare con  componente cistica della tiroide che portava ad una tiroidectomia totale per carcinoma papillare. Ma solo nei giorni scorsi il Tar ha riconosciuto il nesso tra la malattia e l’uranio impoverito respirato in missione e ora tramite l’avvocato Angelo Fiore Tartaglia potrà iniziare la procedura per la quantificazione del danno e relativo risarcimento da parte del ministero.

L’uranio impoverito, stando all’ultima relazione della commissione parlamentare d’inchiesta, avrebbe causato la malattia, a vario livello e grado e di diverse tipologie di neoplasie, di circa 8mila soldati italiani in missione nei Balcani per conto della Nato negli anni Novanta, ma solo circa 300 sono arrivati a sentenza. Altri nel frattempo sono deceduti per le malattie tumorali e i risarcimenti quindi spettano agli eredi, altri ancora non hanno presentato ricorso, in molti casi poi le cause pendono ancora nei vari tribunali ordinari e amministrativi italiani di quasi tutte le regioni, e infine in alcuni casi i soldati ammalati hanno accettato l’elargizione straordinaria del ministero.

Una vicenda quella dell’uranio impoverito, dunque, complessa, delicata e tutt’altro che risolta. Probabilmente il governo dovrà pensare a una qualche sanatoria per evitare inutili perdite di tempo e di denaro nell’interesse dello Stato e soprattutto dei soldati e delle loro famiglie che si sono trovate catapultate in un incubo assolutamente evitabile.

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