Liceo occupato a Pisa, un genitore: “Violato codice penale e Costituzione, chiederò i danni e farò beneficienza”

Lettera aperta del maggiore dell'Esercito Roberto Pagni, babbo di un alunno del primo anno

Dopo l’occupazione al liceo artistico Russoli di Pisa, è un genitore, padre di un alunno, a inviare una lettera aperta, esponendo sia i suoi dubbi che il suo rammarico: “Il gioco vale la candela?”, si chiede. 

La missiva è firmata da Roberto Pagni, maggiore dell’Esercito, in forza alla Folgore di Pisa, alla caserma Gamerra, e babbo di uno studente che frequenta il primo anno.

“Questo istituto ha recentemente vissuto diverse giornate che definire “un po’ turbolente” sarebbe un eufemismo – spiega –  La scorsa settimana alcuni giorni di programmata e concordata autogestione, che è una alternativa alla normale attività didattica prevista e legittimata dal Dirigente Scolastico, si sono trasformati inaspettatamente in una occupazione scolastica, che è una forma di protesta in cui gli studenti letteralmente si impossessano delle infrastrutture della scuola. Risulta indispensabile premettere che l’occupazione, a differenza dell’autogestione che è più o meno regolata da una serie interminabile di non chiarissimi Dpr (Decreti del Presidente della Repubblica), è un atto totalmente illegale. Documentandomi un minimo, in rete ed attraverso la disponibilità di qualche amico avvocato, ho avuto conferma che l’occupazione di una scuola non è soltanto illegale ma si potrebbe configurare come un vero e proprio reato. Saltano subito all’occhio alcuni articoli del codice penale, in particolare l’articolo 633 (Invasione di terreni ed edifici – punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a due anni o con la multa da 103 euro a 1.032 euro), l’articolo 340 (Interruzione di pubblico servizio – punito con la reclusione fino ad un anno) e niente meno che due articoli della nostra Costituzione, ovvero il 33 ed il 34, che garantiscono a tutti l’accesso all’istruzione pubblica”.

“Attraverso lo scambio di informazioni tra i genitori ed i rappresentanti dei genitori nei consigli di classe e d’istituto, si è appreso che questa occupazione si è sviluppata, nottetempo ed a volto coperto, ad opera di uno sparuto manipolo di studenti. Questo senza neppure passare attraverso la consuetudine (nota bene: trattasi di “consuetudine” e non di “rispetto della norma”, visto che si parla di un’azione comunque illegittima) di votare a maggioranza assoluta per l’occupazione all’interno dell’assemblea di tutti gli studenti dell’istituto – prosegue –  Il risultato di questo vero e proprio “putsch”, termine utilizzato nel corso di un’assemblea tra genitori da parte di un rappresentante degli stessi, è stato che un’intera settimana di didattica scolastica si è tramutata in 2 giorni di autogestione, 4 giorni di occupazione della struttura, oltre ad 1 giorno di didattica a distanza (Dad) nella settimana seguente, resosi necessario per effettuare una sanificazione straordinaria dell’istituto al termine dell’occupazione. Tutto ciò ha di fatto azzerato l’attività didattica per circa 500 studenti per almeno quattro giorni, senza contare il disagio per 32 studenti diversamente abili dell’istituto che in buona parte, per le problematiche connesse alle loro disabilità, in pratica hanno dovuto rinunciare anche ai due giorni di autogestione. Insomma tutta una serie di inutili ed ulteriori turbative, se non bastassero già quelle volte al contenimento del Covid-19 che hanno costretto singoli ed intere classi a svolgere lezione in Dad per settimane. Il tutto all’interno di un contesto infrastrutturale che da mesi costringe giornalmente le classi a migrare più volte da un’aula all’altra. Migrazione che si rende necessaria al fine di rispettare il distanziamento sociale in una struttura scolastica che, nonostante una Dirigenza che si sforza in ogni modo di mantenerla il più possibile in ordine, per risorse a disposizione e vetustà anagrafica risulta palesemente inadeguata alle necessità degli studenti. Tuttavia qualunque genitore in una situazione come questa, visto che da giovani tutti siamo stati studenti che si sono sicuramente imbattuti in situazioni analoghe, magari in anni ben più turbolenti dal punto di vista politico con tensioni e toni decisamente più marcati, si pone la fatidica domanda: “Vabbè, se hanno intrapreso un’azione del genere avranno sicuramente avuto i loro buoni motivi, quindi quali sono le motivazioni di questo atto?” E come in ogni moto oppositivo che si rispetti, anche in questo caso è stato diffuso un vero e proprio volantino e dei comunicati stampa che sono stati ripresi anche da alcune testate locali. Leggendo quanto scritto dai ragazzi ed entrando nel merito delle problematiche, che complessivamente risultano essere quasi tutte a carattere universale, si nota che effettivamente non c’è nulla su cui si possa dissentire. Le criticità affrontate, oggettivamente o soggettivamente tutte degne di assoluto rispetto, sono ad ampio spettro. Si parte dalle evidenti ed incontestabili problematiche infrastrutturali comuni a tutte le scuole italiane (cito “L’occupazione è nata, quindi, come forma di protesta a tutto ciò che nella situazione all’interno delle scuole va oltre all’edilizia, la quale dovrebbe essere ritenuta scontata.” , “A seguito di tali manifestazioni, sono stati instaurati, in quasi ognuno dei nostri edifici, dei cantieri, a dimostrazione del fatto che le nostre lotte non sono vane”). Viene richiamato anche un tragico fatto di cronaca di questo ultimo periodo che ha sconvolto un intero Paese ed in particolar modo chiunque sia genitore, ovvero l’immane tragedia accaduta in provincia di Udine in cui il giovane studente Lorenzo Parelli ha trovato la morte in un inconcepibile incidente mentre era impegnato nella cosiddetta alternanza scuola-lavoro (cito: “O, nel peggiore dei casi, potresti perdere la tua stessa vita, come è successo a Lorenzo”)”.

“I ragazzi si soffermano poi su aspetti di natura didattica – aggiunge il genitore – che ovviamente possono risultare condivisibili o meno a seconda della sensibilità e dell’esperienza dei singoli (cito “Rivendichiamo ciò per cui lottiamo da anni: l’abbattimento di quella che noi, durante il nostro percorso, abbiamo deciso di chiamare alienazione scolastica: la piaga di ogni studente, il sentirsi stretto in un luogo che non riconosce come suo, perché sempre più simile ad un’azienda in cui formare prodotti carichi di nozioni, pronti a loro volta a produrre, non più a formarsi come individui” , “Lottiamo inoltre perché non ci siano più distinzioni tra scuole di serie A e di serie B, dove gli istituti tecnici e professionali sono sempre più simili a carceri in cui tenere a bada i ‘delinquenti’, a favore di licei classici e scientifici, dove ormai gli studenti non sono altro che recipienti da colmare attraverso nozioni, sempre più alienati, sempre meno individui.”, “Riteniamo che nell’istituzione scolastica, ad oggi, si ritrovi la violazione dei diritti umani al perseguimento al benessere, alla sicurezza e all’uguaglianza sociale”).Leggendo quanto scritto dagli studenti verrebbe quasi voglia di mettere loro una mano sulla spalla e dire “Bravi!… avete proprio ragione!…anche io sono con voi!”, a parte forse per la forma espositiva per la quale, visto che si tratta di un lavoro a più mani sviluppato da studenti degli ultimi anni di un liceo, ci si aspetterebbe un po’ di più. Italiano a parte, come può un genitore non condividere il senso di preoccupazione degli studenti per la palese inadeguatezza delle infrastrutture scolastiche. Poi si può o meno, a seconda delle inclinazioni dei singoli, condividere le preoccupazioni a carattere formativo e didattico; quantomeno non si può non apprezzare il fatto che i ragazzi si pongano dei dubbi e delle domande. Visto il periodo storico, spesso connotato da una grossa disaffezione e disattenzione dei giovani per tutto quello che li circonda, è già un discreto risultato. Tuttavia quando si intraprendono azioni dimostrative come queste anche la forma diventa inevitabilmente sostanza, qui si manifesta il vero problema. Seguendo l’evolversi dell’occupazione con il continuo confronto con i rappresentanti dei genitori si viene a sapere che ci sarebbe anche qualche piccolo danno (che ovviamente in un modo o nell’altro dovrà essere ripagato, mi auguro a cura dei diretti interessati e non ricorrendo ad altri fondi che inevitabilmente ricadrebbero sulla collettività) e questa ovviamente non è una bella cosa. Da questi confronti genitoriali si viene anche a sapere che questa occupazione trova un ampio spazio di visibilità non sugli organi di stampa ma, direttamente dall’interno della scuola attraverso selfie e post dei ragazzi, sulle pagine social dei diretti interessati. Fatto che tra l’altro si rivela per gli interessati una clamorosa autodenuncia del loro concorso ad una possibile condotta illegale. Nella mattinata del sabato, ultimo giorno di occupazione, si è svolto nel cortile dell’istituto un sereno confronto con alcuni rappresentanti degli studenti presenti all’interno della scuola nell’ambito di un incontro tra i genitori ed i loro rappresentanti. In questa occasione si viene anche ad apprendere che durante l’occupazione sono venuti fisicamente a portare il loro “contributo di pensiero e di esperienza” studenti di altri istituti scolastici e dell’università; qualcuno si potrebbe chiedere questo che senso possa avere, quantomeno io me lo sono domandato. Gli stessi rappresentanti dei ragazzi affermano poi di aver ricevuto la solidarietà, attraverso dei comunicati stampa, di alcuni movimenti sindacali e politici. Movimenti che lo scrivente non intende assolutamente citare non avendo la benchè minima intenzione di buttarla in politica. Effettivamente da una successiva ricerca online questo si rivela esatto però, leggendo i comunicati di questi movimenti, non si può non notare un taglio squisitamente politico e/o autoreferenziale. Pertanto sulla base dell’esperienza di chi ha qualche primavera in più sulle spalle, la voglia è quella di dire loro “Cari ragazzi, ma siete proprio sicuri che in questo caso qualcuno non stia semplicemente cercando di ottenere visibilità attraverso di voi?”.

“Poi, con un certo imbarazzo tipico dei ragazzi giovani che probabilmente hanno capito di aver fatto il passo più lungo della gamba e che qualche guaio probabilmente lo passeranno (visto che gli è stato rappresentato che il dirigente scolastico non ha potuto fare a meno di interessare le autorità di pubblica sicurezza per l’ipotesi di reato di interruzione di pubblico servizio), i due rappresentanti si sono scusati con i genitori presenti per aver condotto l’occupazione in questo modo, senza neppure passare attraverso un preventivo mandato assembleare, ed hanno comunicato che di lì a poco avrebbero abbandonato la scuola e che i loro compagni stavano già provvedendo a pulire e rassettare i locali dell’Istituto. In quel momento, essendo lo scrivente presente a questa dichiarazione, ho cercato di essere positivo e di pensare che non fosse semplicemente un atteggiamento teso a sperare in una maggiore indulgenza da parte di chi probabilmente dovrà valutare e decidere delle sanzioni per la loro condotta, siano esse scolastiche e/o penali, ma che forse alla fine l’autocoscienza dei ragazzi aveva avuto la meglio. Tuttavia a mio avviso risulta difficile non porsi alcune domande su questa delicata vicenda, o quantomeno io non ci riesco. Ma come si può pensare che in un momento complicato come questo sia produttivo buttare via una settimana di scuola? Con che coscienza si può ricambiare la disponibilità al dialogo, degli insegnanti e di una sensibilissima Dirigente Scolastica, con una azione di questo genere? Ma con tutte le evidenti problematiche dell’infrastruttura e la nota scarsità di risorse a disposizione, come si può pensare di provocare dei danni all’interno della scuola? Come si può pensare che da un comportamento con possibile rilevanza penale, perpetrato poi all’interno di un istituto scolastico, possa nascere qualcosa di positivo o di educativo? “ E’ possibile che l’unica scelta, volta a ristabilire l’ordine, percorribile dall’autorità di pubblica sicurezza, che subentra al Dirigente Scolastico in casi come questo, possa essere quella di attendere che la situazione si risolva naturalmente, dopo diversi giorni, al desistere della volontà di chi ha scelto di infrangere la legge?”.

Qualcuno – conclude il maggiore Roberto Pagni –  ha preso il telefono ed ha chiamato i genitori di questi ragazzi, in parte anche minorenni, e gli ha detto Signor/Signora Xyz, per favore venga a prendere suo figlio, che forse sta commettendo un reato, e se lo porti a casa per spiegargli che queste cose non si fanno!? Cosa avrebbe fatto mio padre quando avesse saputo che io, studente di liceo, stavo facendo una cosa di questo genere?. A dire il vero questa è l’unica domanda a cui più o meno so darmi una risposta, ovvero nella migliore delle ipotesi mio padre sarebbe venuto a prendermi direttamente a scuola, con gli occhi iniettati di sangue e la vergogna stampata sul viso, mi avrebbe preso per un orecchio trascinandomi così fino a casa. Sinceramente faccio davvero una gran fatica a trovare delle risposte credibili a queste domande, risposte che non mi diano la chiara evidenza di “una palese resa dell’intelligenza di fronte all’irragionevolezza”. Ragionando sull’accaduto a didattica ripartita, l’unica cosa chiara è che questo genere di condotte non sono minimamente accettabili. Pertanto, per quanto mi riguarda, l’unica certezza che traggo da questa vicenda è una linea d’azione personale se si dovesse riproporre una situazione analoga in futuro. Come la stragrande maggioranza degli italiani io nutro ancora fiducia delle istituzioni, pertanto di fronte ad un altro evento simile mi recherò immediatamente o dai carabinieri o in questura e li presenterò una denuncia contro ignoti perché a mio avviso è stato violato il diritto di mio figlio di frequentare la scuola previsto dalla nostra Costituzione. Ovviamente, qualora giudiziariamente si giungesse ad un qualunque genere di determinazione di responsabilità per chicchessia, chiederò i danni morali e materiali a nome di mio figlio. Qualora poi questi danni venissero riconosciuti, nella speranza che per qualcuno “aprire il portafoglio” possa essere dissuasivo dall’affrontare cattive condotte, sarà mia cura devolvere il risarcimento ottenuto alla Scuola stessa come contributo volontario. Questo perché la Scuola, unitamente ai ragazzi che la vivono e la animano, è la vera ed unica vittima di questa deprecabile situazione”.

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