In arrivo al porto di Livorno una nave con materiale bellico. La Cgil: “No al traffico di armi, vigilare su Camp Derby”

Il sindacato: "Alle istituzioni preposte chiediamo perciò di fare chiarezza"

E’ in arrivo al porto di Livorno una nave con materiale bellico.

L’allarme della Cgil: “No al traffico di armi. Vigilare su Camp Darby

“Vogliamo ancora una volta accendere i riflettori sul porto di Livorno e sul suo ruolo rispetto a Camp Darby. Domenica 20 giugno nel nostro scalo arriverà la Liberty Pride, nave con carico bellico destinata successivamente a Costanza in Romania: una rotta assai inconsueta visto che generalmente questa nave opera nelle aree di guerra del Mediterraneo – spiegano dal sindacato -. Il nostro timore è che la Liberty Pride sia rifornita di ulteriore materiale bellico proveniente da Camp Darby e che poi prosegua la propria rotta fino a Odessa dove nelle prossime settimane si svolgeranno le esercitazioni militari antirusse previste dal programma Sea Breeze 2021″.

“Uno scenario inquietante – prosegue la siglia sindacale – che se fosse confermato  dovrebbe essere scongiurato in ogni modo. Nel nostro porto è permesso il transito di armi mentre in altri scali si nega alle Ong di salvare vite umane: tutto ciò è inconcepibile. Alle istituzioni preposte chiediamo perciò di fare chiarezza. Il massiccio ampliamento e il potenziamento voluti dall’amministrazione americana, lo sviluppo del canale dei Navicelli per comunicare con il vicino porto di Livorno, l’allaccio diretto con il polo ferroviario di Tombolo, il rapporto non ancora del tutto chiaro con l’aeroporto militare pisano: tutti questi aspetti confermano purtroppo Camp Darby come il più grande polo di stoccaggio e smistamento di materiale bellico di tutta Europa. Un primato triste ed allarmante del quale la Regione, la città di Livorno ed il suo porto avrebbero fatto volentieri a meno. La base militare statunitense è sottratta al controllo democratico dei Comuni di Pisa e Livorno, nonché della stessa Regione Toscana e delle nostre comunità”.

“Sulle attività effettuate all’interno di Camp Darby serve maggior trasparenza – concludono -.torniamo perciò a chiedere alla Regione e alle amministrazioni locali di informare maggiormente la cittadinanza a tutela della salute pubblica e dell’ambiente. Non dobbiamo abbassare la guardia: non occorrono studi specifici ed approfonditi per capire che un eventuale incidente potrebbe avere conseguenze drammatiche per la popolazione. E’ quantomai fondamentale rilanciare una battaglia per la pace e per la riduzione delle spese militari. Chiediamo pertanto ancora una volta di rimettere in discussione il ruolo e la presenza della base americana di Camp Darby e rendere i nostri porti luoghi di accoglienza, di integrazione e di traffici che uniscono persone e Paesi, secondo la legge del mare ed il diritto alla coesistenza pacifica”.

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